Cari lettori, oggi pubblico il primo articolo del mio blog dedicato ai problemi per acuire la mente. Con questi scritti intendo stimolarti ad usare anche il pensiero laterale e non solo quello verticale. Quest’ultimo modo di pensare risolve problemi apparentemente impossibili. È particolarmente utile a chi vuole innovare, inventare, creare nuove idee, trovare modi alternativi di risolvere problemi.
Prima di proporvi due problemi risolvibili avvalendosi rispettivamente del pensiero verticale e di quello laterale, sottolineerò cosa caratterizza e differenzia questi diversi modi di pensare. In sintesi evidenzierò le differenze degli emisferi destro e sinistro del nostro cervello. Per farlo mi servirò degli studi portati avanti dal padre fondatore del pensiero laterale: Edward De Bono.
PENSIERO VERTICALE VERSUS PENSIERO LATERALE[1]
Edward De Bono è la massima autorità mondiale nel campo del pensiero creativo; i suoi studi mostrano come poter superare i processi mentali basati sul solo pensiero verticale, meglio conosciuto come pensiero razionale o logico deduttivo.
Primariamente De Bono sottolinea come il pensiero verticale e quello laterale siano complementari tra loro. Il pensiero verticale è insegnato ampiamente in tutte le scuole di ogni ordine e grado e si attiva quando c’è una precisa direzione verso cui convergere.
I processi del pensiero laterale e verticale sono del tutto distinti. Non si tratta di dire quale sia il più efficace, sarebbe fuorviante oltre che essere un grave errore. Entrambi sono assolutamente necessari. La bravura sta nel saper individuare le caratteristiche salienti di entrambi e usarli in maniera selettiva, sulla base della specifica situazione da affrontare.
Per meglio comprenderne la portata è necessario definirli entrambi evidenziando gli elementi e le caratteristiche che li differenziano[2]. Per una migliore e immediata distinzione dell’enorme divario esistente tra questi due modi di pensare consiglio di leggere i prossimi due paragrafi confrontando passo dopo passo le affermazioni corrispondenti nei distinti elenchi. Tanto per essere chiari, la prima affermazione (I) dell’elenco appartenente al pensiero verticale (“Si basa sulla logica”) va contrapposto al primo dell’elenco (I) appartenente al pensiero laterale (“Si fonda sul pensiero e sulle idee, opera al di fuori della ragione”). Così facendo sarà più semplice e immediato coglierne le differenze.
PENSIERO VERTICALE:
- Si basa sulla logica (I)
- Ciò che conta è la correttezza del ragionamento (II)
- Sceglie un percorso escludendone altri (III)
- Seleziona l’approccio più promettente per la risoluzione del problema, il miglior punto di vista (IV)
- Cerca di selezionare il miglior approccio (V)
- Indica una direzione chiaramente definita verso la soluzione di un problema (VI)
- Sa cosa sta cercando (VII)
- È analitico, logico deduttivo (VIII)
- È consequenziale, i passi devono essere percorsi in successione (IX)
- Prevede che ad ogni passo bisogna essere corretti. In caso contrario il pensiero logico e la matematica non potrebbero funzionare (X)
- Prevede l’uso della negazione per bloccare alcuni percorsi (XI)
- Esclude ciò che è irrilevante (XII)
- Tende a definire e classificare ogni aspetto del problema in termini di coerenza (XIII)
- Segue i percorsi più probabili (XIV)
- È un processo finito in cui ci si aspetta di arrivare a una risposta univoca (XV)
- Opera solitamente in una fase precedente del pensiero laterale (XVI)
- Utile nella trattazione di problemi che rispondono a logiche lineari (XVII)
- Si fonda sull’ordine e sui modelli in precedenza dimostrati (XVIII)
- È ritenuto la forma di pensiero degna di considerazione (XIX)
- Elabora nuove idee in maniera accurata attraverso un procedimento logico (XX)
- È solitamente usato dagli scienziati e dagli studiosi perché ritenuto più scientifico (XXI)
- Presenta dei limiti se utilizzato come metodo di ricerca d’idee nuove (XXII)
- Utilizza processi mentali naturali che tutti hanno appreso a scuola (XXIII)
PENSIERO LATERALE:
- Si fonda sul pensiero e sulle idee, opera al di fuori della ragione (I)
- La ricchezza delle possibili soluzioni è ciò che conta (II)
- Cerca di trovare più percorsi oltre a quello conosciuto (III)
- Genera tanti approcci alternativi senza escluderne alcuno a priori (IV)
- Genera diversi approcci per il gusto di generarli (V)
- Non indica alcuna direzione, si muove per il gusto di esplorare nuove vie, di cambiare, di generare nuove direzioni (VI)
- Non vuole sapere cosa sta cercando sin quando non lo avrà trovato (VII)
- È avvincente e continuamente alla ricerca di nuovi sentieri anche privi di apparente razionalità (VIII)
- Può procedere a salti ma non necessariamente i passi da compiere devono essere in successione (IX)
- Contempla la possibilità di non essere corretti ad ogni passo. È come quando si costruisce un ponte, le parti non devono reggersi da se in ogni stadio ma solo quando saranno tutti posizionati. Solo alla fine il ponte si reggerà da se (X)
- Non prevede alcuna negazione. Ci possono essere circostanze in cui è necessario sbagliare sino alla fine (XI)
- Accoglie favorevolmente anche intrusioni irrilevanti del problema (XII)
- Prevede che le definizioni e le categorie possano cambiare (XIII)
- Esplora i percorsi meno probabili (XIV)
- È di tipo probabilistico (XV)
- Tende a ristrutturare e riconsiderare quanto enunciato dal pensiero verticale (XVI)
- Molto utile nella risoluzione dei problemi e nella generazione di nuove idee (XVII)
- Pone l’accento sulla necessità di cambiare modelli già noti cercando di renderli ancora più utili (XVIII)
- Non è solitamente ritenuto degno di considerazione perché non argomenta in termini logico-deduttivi (XIX)
- Elabora nuove idee anche favorendo l’interazione di eventi casuali (XX)
- È solitamente usato nel mondo dell’arte, nel quale è chiamato pensiero creativo, in quanto gli artisti sono generalmente disposti a esplorare, sono aperti alle idee e agli inviti del caso (XXI)
- Offre la massima efficacia quando impiegato per ricercare idee nuove (XXII)
- Si avvale di un abito mentale che va costruito con l’applicazione di tecniche volte a deviare la tendenza naturale nel seguire percorsi logici deduttivi (XXIII)
Confrontando i contenuti dei due elenchi emerge chiaramente la netta differenza di approccio che c’è tra i due tipi di pensiero. Due mondi opposti e complementari. Come già detto, sussiste la naturale tendenza ad attribuire una maggiore rilevanza al pensiero verticale perché logico. Viceversa, il pensiero laterale appare meno nobile perché non può essere compreso ricorrendo alla sola logica lineare.
Al fine di comprendere empiricamente la differenza tra pensiero verticale e laterale ci si avvarrà ancora una volta della produzione scientifica di Edward De Bono. In particolare, saranno presentati ‘l’aneddoto dell’usuraio’ e ‘l’analogia delle graffette’ che riescono a sintetizzare magnificamente l’idea di fondo che sottende a questi due modi di pensare.
ANEDDOTO DELL’USURAIO[3]
Un tempo i debitori insolventi potevano essere messi in prigione. Un mercante di Londra si trovò fortemente indebitato nei confronti di un usuraio che si invaghì della sua bellissima figlia. L’usuraio propose di condonare il debito in cambio della ragazza. Giacché il mercante e sua figlia rimasero inorriditi dalla proposta, l’usuraio propose di lasciar decidere alla provvidenza. Disse che avrebbe messo due sassolini in una borsa vuota, uno bianco e uno nero, lasciando alla fanciulla l’onere di estrarne uno. Se fosse uscito il sassolino nero sarebbe diventata sua moglie e il debito del padre condonato. Se fosse stato estratto il bianco sarebbe rimasta con suo papà e il debito ugualmente condonato. Ma se si fosse rifiutata di procedere con l’estrazione, suo padre sarebbe finito in prigione e lei morta di stenti.
Il mercante, ancorché riluttante, acconsentì non avendo alternative praticabili. L’usuraio, trovandosi in un vialetto di ghiaia, raccolse i due sassolini. Mentre lo faceva la ragazza si accorse che aveva messo due sassolini neri all’interno della borsa. Subito dopo l’usuraio invitò la ragazzina ad estrarre il sassolino che avrebbe deciso la sua sorte. Se foste stati al suo posto cosa le avreste suggerito di fare?
Avvalendosi del pensiero verticale, la ragazza avrebbe avuto tre possibilità:
- non estrarre il sassolino;
- mostrare che nella borsa vi erano due sassolini neri smascherando l’usuraio imbroglione;
- estrarre uno dei due sassolini neri.
Nessuno di questi consigli avrebbe potuto salvarla dal triste destino, sarebbe finita nelle mani dell’usuraio.
La ragazza invece fece ricorso al pensiero laterale. Non si concentrò sul fatto che avrebbe dovuto estrarre un sassolino (pensiero verticale) ma ragionando sul sassolino bianco mancante (pensiero laterale). Orbene la ragazza ebbe l’intuizione giusta. Infilò la mano all’interno della borsa estraendo il sassolino senza guardarlo lasciandoselo sfuggire di mano per farlo cadere a terra dove si confuse tra tutti gli altri sassolini. Chiedendo scusa per la sbadataggine invitò il padre e l’usuraio a guardare all’interno della borsa per verificare il colore del sassolino rimasto. Così facendo dovettero presumere che quello estratto era bianco visto che nella borsa si trovava un sassolino nero. Lo stratagemma escogitato dalla ragazza, frutto del pensiero laterale, le consentì di rimanere col papà e ottenere la remissione del debito.
ANALOGIA DELLE GRAFFETTE[4]
Quest’analogia consente di evidenziare le differenze che intercorrono tra l’interazione di eventi casuali e l’elaborazione accurata attraverso un procedimento logico quando s’intende articolare una nuova idea.
Si può costruire una catena di graffette unendole, con cura e in successione, una per una. La stessa catena può essere costruita in modo del tutto diverso. Si possono aprire leggermente queste graffette, porle tutte insieme all’interno di una bacinella agitandola energicamente per un tempo piuttosto lungo. Alla fine, ne uscirà un oggetto simile a una catena frutto dell’intreccio casuale delle graffette.
Quali conclusioni possono essere tratte dall’analisi di quest’analogia? Se si vuole costruire una catena di graffette solida e uniforme occorre rivolgersi al pensiero verticale. Questo consente una riproduzione perfetta dello schema scelto. Se, viceversa, si vuole creare qualcosa di diverso e innovativo, ci si deve avvalere del pensiero laterale che consentirà l’emergere di una catena, o più spezzoni della stessa, dalle forme più disparate.
Che uso farne allora del pensiero laterale? Esso si presta a generare nuove idee secondo tecniche e abiti mentali ben definiti da De Bono. È utilissimo nella gestione di problemi che ammettono diverse soluzioni e che non sono risolvibili attraverso percorsi logico-deduttivi. Il pensiero laterale è particolarmente utile quando si vuole riesaminare paradigmi mettendone in discussione gli assunti principali.
Voglio concludere questo articolo riproponendo due noti rompicapi. “Il rompicapo del lupo, della capra e del cavolo”, risolvibile facendo ricorso al pensiero logico-deduttivo. In tal caso sfrutteremo preminentemente l’emisfero sinistro del nostro cervello. “Il problema dei 9 punti”, di contro, va risolto avvalendosi del pensiero laterale. In questa occasione ci verrà in aiuto l’emisfero destro del cervello.
Il noto rompicapo del lupo, della capra e del cavolo, da cui deriva la famosa frase del “salvare capra e cavoli”, mi ha affascinato sin da piccolo, quando mi imbattei per la prima volta nella sua risoluzione. L’ho incontrato nuovamente sulla mia strada, in età adulta, quando ho deciso di leggere il libro curato da Raffaella Franci[5]. In questo testo si riproponevano diversi giochi matematici che, Alcuino di York (monaco inglese chiamato alla corte di Carlo Magno nell’anno 781 dopo Cristo), raccolse in una serie di problemi originali da usare per educare i giovani. Può essere così enunciato: “un uomo deve trasportare aldilà di un fiume un lupo, una capra e un cavolo. Ha disponibile una barca che è in grado di portare solo due di essi. Deve trasportare i due animali e il cavolo di là del fiume senza causare danno alcuno”. Il problema cui dovrà rispondere il lettore è il seguente: «Come trasferire i due animali e il cavolo sull’altra sponda senza causare danni?»
Il problema dei 9 punti prevede appunto di unire tutti i nove punti presenti nella figura sottostante tracciando il minor numero possibile di linee rette, ottenute senza mai staccare la matita dal foglio[6]. L’enunciazione di questo problema implica la determinazione dei veri confini del problema stesso. Questo esempio è cruciale per comprendere quanto sia importante possedere la capacità di determinare i confini di un problema per giungere alla sua soluzione.
Delle possibili soluzioni di entrambi i problemi discuteremo nel prossimo articolo della categoria “Problemi per acuire la mente”. Nel frattempo, vi invito a commentare questi problemi in fondo al presente articolo suggerendo le vostre soluzioni. Ne discuteremo al prossimo appuntamento. Se volete inviatemi pure le foto delle vostre soluzioni in posta elettronica. Saranno più chiare e immediate nonché facilmente illustrabili a tutti i lettori del blog al prossimo appuntamento.
Non vedo l’ora di guardare le vostre soluzioni!
A presto!
[1] Leo Ferrante, Innovazione e creatività: quale modello organizzativo e stile di leadership adottare? Proposta di applicazione all’interno del sistema di informazione per la sicurezza della repubblica, Casa Editrice Il Filo di Arianna, La Spezia, 2020, pp. 112 – 123.
[2] Edward De Bono, Creatività e pensiero laterale, BUR Rizzoli, Milano, 2014, pp. 38 – 45.
[3] Edward De Bono, Il pensiero laterale. Come produrre idee sempre nuove, BUR Rizzoli, Milano, 2016, pp. 9-11.
[4] Edward De Bono, Il pensiero laterale. Come produrre idee sempre nuove, BUR Rizzoli, Milano, 2016, pp. 104-105.
[5] Alcuino di York (a cura di Raffaella Franci), Giochi matematici alla corte di Carlomagno. Problemi per rendere acuta la mente dei giovani, EDIZIONI ETS, Pisa, 2005, pag. 55.
[6] Murray Gell-Mann, Il quark e il giaguaro. Avventura nel semplice e nel complesso, Bollati Boringhieri, Torino, 2017, pp. 308-309.
Complimenti ! Un ottimo contributo ad una sana igiene mentale e ad una coerente azione di leadership !
Caro Antonio buongiorno,
grazie per aver commentato.
Mi fa piacere abbia trovato interessante il mio articolo.
A presto,
Leo
Buonasera, grazie per lo stimolo intellettuale. Oggi pomeriggio mi sono messo con mia figlia (che ha 5 anni fatti una settimana fa) a discutere di lupo, capra e cavolo, ed ha individuato da sola le due soluzioni alternative ma simili… Mi ha chiesto lei se nel viaggio in barca di ritorno potesse portarsi qualcuno, altrimenti sarebbe stato impossibile che non si mangiassero tra loro.
Per i 9 punti, ha tracciato comunque 5 linee, anche se in maniera diversa da come le avrei fatte io (le è uscita una sorta di svastica, e vabbè). Alla fine ho cercato la soluzione su internet, confesso candidamente.
Ad ogni modo, sto toccato in maniera marginale l’argomento suggerito da “Ago” in un articolo che dovrebbe uscire sul “CoESPU Magazine” (nelle PA come giustificare una impostazione fondata su principi…). Indipendentemente da che lo pubblichino o meno, lo scrivo pure qui: “an evolution in mind-set could be pursued at all levels, to promote an evaluation of the performance of missions and their personnel based of course still on “Key Performance Indicators”, but also on “Innovation and change”.”.
Mi sono rifatto (oltre che ad esperienze personali, chiaramente non documentate) a questo articolo:
Alan Travis for “The Guardian”, 20 may 2015, “Stop scaremongering and prepare for further cuts, Theresa May tells police” https://www.theguardian.com/politics/2015/may/20/stop-scaremongering-and-prepare-for-further-cuts-theresa-may-tells-police
“They remove independent discretion from police officers. And undue focus on one target can lead to crimes that are not measured being neglected altogether,” […] such perverse targets had led to officers focusing on burglary and car theft while ignoring the abuse of hundreds of young girls”.
Il riassunto estremo è che “Targets distort operational reality”.
Se avessi conosciuto gli argomenti esposti in questo blog, ci avrei certo fatto riferimento.
Mi collego qui, quindi, con la pianificazione operativa, di cui ho una conoscenza comunque meramente sommaria. Questa viene a volte descritta come “both a science and an art”. Un argomento ulteriore viene fornito da “Ago” con la sua frase “sarà pure un indizio di quanto poco sono/siamo abituati al pensiero laterale”.
In sintesi: se si è abituati, in ambito militare, ma anche in contesti aziendali, ed eseguire (ordini per i militari, “alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore” per i civili, richiamando l’art 2094 c.c.), per anni e decenni, magari con superiori che mal sopportano anche critiche costruttive (anche se personalmente sono stato fino ad ora anche abbastanza fortunato… altri amici che non hanno fatto manco la “naja”, invece, hanno dei capi che sono molto più mentalmente chiusi dei miei), come si riesce ad innovare quando c’è bisogno? Bisogna arrivare ad una posizione di comando/dirigenza per innovare? Ma a che livello poi? L’esperienza è utile certo, ma a che punto l’esperienza diventa fossilizzazione mentale? Nel nord-est molte PMI sono state spazzate via dalla crisi anche perché non sono state in grado di innovarsi, purtroppo alcuni casi li ho conosciuti pure personalmente. Piccoli imprenditori che continuavano a ragionare nel 2008 come facevano nel 1978. Non potevano reggere… Ed infatti sono falliti, con conseguenze troppe volte tragiche.
Tornando alla pianificazione operativa, si è quindi portati a ragionare con quello che si conosce sulla scorta delle esperienze pregresse… Ma queste non saranno mai pienamente idonee ad affrontare bene situazioni nuove. Ed i risultati li conosciamo.
L’educazione al pensiero laterale dovrebbe quindi venire coltivata, se c’ho capito qualcosa, sin da bambini, e le organizzazioni dovrebbero considerarlo in qualche modo, specialmente quelle molto strutturate.
Nel mio piccolo, sono andato a cercarmi le “Propositiones ad acuendos juvenes” e le proporrò ai miei figli, intanto ho iniziato con lupo, capra e cavolo.
Grazie.
Davide buon pomeriggio e grazie per il commento.
Hai condiviso diversi aspetti interessanti e di questo te ne siamo grati.
Riguardo il rompicapo “della Pecora, il Cavolo e il Lupo” posso dirti che è possibile poter portare qualcuno/qualcosa sulla barca nel viaggio di ritorno visto che non è espressamente vietato nella definizione del problema. In questi rompicapi siamo soliti darci più vincoli di quelli esistenti. Riguardo il problema “dei 9 punti” posso dirti che ci sono diversi tentativi di unirli tracciando addirittura una sola linea. Ci sono alcune soluzioni ancora più innovative. In questi tipi di problemi i bambini riescono solitamente meglio di noi adulti perché privi di molti schemi mentali e condizionamenti che, invece appartengono solitamente all’età adulta.
Con questo articolo ho voluto ribadire l’importanza del pensiero laterale, complementare e non sostitutivo di quello verticale. Chi vuole innovare, creare e stare al passo con i tempi deve sapere che esiste un altro modo di pensare. Non può non conoscere le numerose tecniche per applicare il pensiero laterale a casi concreti. Le organizzazioni (siano esse pubbliche sia private) che non innovano sono destinate a soccombere, a subire sconfitte cocenti, prima o poi. Ci deve essere almeno una costola dell’organizzazione stessa deputata a guardare al futuro. Incaricata di ripensare sistematicamente le proprie procedure, la propria missione e la visione strategica aziendale. C’è sempre un modo migliore di fare le cose, c’è sempre la possibilità di innovare un prodotto o di crearne di nuovi. Mettiamocelo in testa se vogliamo che la nostra organizzazione continui a sopravvivere.
Se ti fa piacere mandami via mail le soluzioni che avete trovato ai rompicapi, ne discuteremo insieme tra qualche settimana. Le foto sarebbero più utili da condividere con tutti i lettori.
Un caro saluto,
Leo
Grazie per aver distribuito un po’ di conoscenza non fa mai male…
per le soluzioni dei giochi ammetto che sono andato a spiare in rete, eppure li avevo già visti in passato ma non ne ricordavo ora la soluzione: sarà pure un indizio di quanto poco sono/siamo abituati al pensiero laterale?
Tornando all’articolo sarebbe interessante discutere su quanto spazio ci sarebbe per questo tipo di approccio nelle organizzazioni attuali con necessità di risultato nel breve termine…chi è più disposto ad aspettare? anche nelle PA come giustificare una impostazione fondata su principi come:
Genera diversi approcci per il gusto di generarli (V)
Non indica alcuna direzione, si muove per il gusto di esplorare nuove vie, di cambiare, di generare nuove direzioni (VI)
Non vuole sapere cosa sta cercando sin quando non lo avrà trovato (VII)
È avvincente e continuamente alla ricerca di nuovi sentieri anche privi di apparente razionalità (VIII)
Tutto ciò mal si concilia con le ricorrenti e insistenti obiettivi di “efficientamento”, “ottimizzazione”, rapporto “costo/beneficio” ecc…almeno apparentemente
E complimenti per il blog
Grazie per aver commentato Agostino.
Per la soluzione dei rompicapi ti sorprenderò nelle prossime settimane quando mostrerò le soluzioni individuate dai lettori. Mentre il problema della “Capra, del Cavolo e del Lupo” ha due soluzioni simili, quello dei “9 punti” ammette diverse soluzioni. In rete si trovano le più comuni. Se ti va prova ad utilizzare il pensiero laterale e cerca altre soluzioni possibili, inviandomi qualche foto.
Discutendo le soluzioni a questi due problemi, intendo dimostrare che il pensiero laterale meglio si presta a generare nuove idee (ovviamente bisogna conoscere ed apprendere le tecniche e gli abiti mentali ben definiti da De Bono). È utilissimo nella gestione di problemi che ammettono diverse soluzioni (rompicapo dei 9 punti) e che non sono risolvibili attraverso percorsi logico-deduttivi. Il pensiero laterale è particolarmente utile quando si vuole riesaminare vecchi paradigmi mettendone in discussione gli assunti principali.
Riguardo i tuoi interessanti interrogativi rispondo dicendo: dipende dagli obiettivi che l’organizzazione vuole perseguire. Il pensiero laterale è complementare a quello logico-deduttivo, come più volte ricordato. Va usato solo nei casi sopra ricordati. Se l’organizzazione vuole continuare a riprodurre se stessa, se non deve rendere conto dell’efficienza e dell’efficacia delle sua procedure agli azionisti, continuerà ad avvalersi del solo pensiero verticale, continuerà a fare “come si è sempre fatto” cercando di non mettere mai in discussione il “perché si fa una cosa” o “come la si potrebbe fare meglio”.
Spero di leggerti ancora in rete.
Un caro saluto,
Leo
Bravissimo Leo, complimenti per l’articolo che mette benissimo in evidenza i due approcci (opposti) che possono essere adottati per la soluzione di un problema. Particolarmente rilevante anche per noi militari, che del “critical thinking” dovremmo farne un autentico “credo”.
Benfatto!
Gentile Comandante,
grazie per aver commentato.
Conoscendola non avevo dubbi che sapesse del valore e dell’importanza del pensiero laterale e critico. Ahimè nelle scuole si continua a dare importanza al solo pensiero verticale, il cosiddetto pensiero logico-razionale, perché ritenuto ‘più nobile’ e più concreto. E’ un errore strategico non insegnare anche il pensiero laterale e le tecniche per sfruttarlo al meglio.
Tutte le organizzazioni, per prosperare, devono costantemente mettere in discussione i ‘propri paradigmi’ e i ‘presunti dogmi procedurali’ adottati sino a quel momento. Il pensiero laterale e critico ben si prestano a guidare questa rivoluzione culturale.
Chi non lo fa, decide di continuare a guardare indietro (al passato) riproponendo piani, soluzioni, logiche superate e non più attuali per il solo fatto che hanno funzionato bene in passato. Continuare a riprodurre se stessi ed essere autoreferenziali non conduce da nessuna parte. Bisogna avere il coraggio di ripensare e riconsiderare le proprie procedure per essere quantomeno al passo con i tempi. Là fuori la società corre a un ritmo vertiginoso e bisogna avere un’organizzazione pronta a sfruttare tutte le possibilità che, periodi di crisi come quello che stiamo vivendo, offrono
Un caro saluto!
Alla prossima!