FRANCESCO ALBERONI | NON HA BISOGNO DI PRESENTAZIONI
Francesco Alberoni non ha bisogno di presentazioni … figuriamoci della mia.
Nasce a Borgonovo Val Tidone, provincia di Piacenza, il 31 dicembre 1929.
Giornalista, sociologo, accademico e scrittore, ha pubblicato tantissimi articoli e opere nel corso della sua carriera.
Se volete saperne di più su Francesco Alberoni e sul suo pensiero, vi consiglio di dedicare poco meno di 30′ del vostro tempo a questa bellissima intervista di Monica Mondo durante la quale il sociologo si racconta. Parla tutto tondo e condivide interessanti riflessioni muovendo dal ’68, passando per l’autorità, l’autorevolezza, le auto-gestioni e i movimenti collettivi. Si esprime sull’universo femminile, sull’innamoramento, sulla famiglia discutendo, altresì, del legame pubblicità e imprese. Tocca numerosi altri temi a lui molto cari.
Acquistai l’Arte del Comando di Francesco Alberoni nel lontano 2002. All’epoca, pur trovandolo interessante, non beneficiai appieno delle grandi lezioni sulla leadership in esso contenute tantomeno riuscii ad apprezzarlo nella sua profondità d’analisi. Fortunatamente ho deciso di rileggerlo ultimamente riuscendo a trarre, dalla sua lettura, maggiori benefici e spunti di riflessione. Questo il motivo per cui ho deciso di condividere con voi gli aspetti che mi hanno maggiormente colpito. L’accezione sociologica alla leadership è un aspetto che disconoscevo e che ha aggiunto interessantissime sfaccettature all’idea che avevo di arte del comando. L’autore presenta la leadership come un’arte appunto, posseduta solo da coloro che sono animati da valori e principi comuni e che sono in grado di distinguere il giusto dall’ingiusto, il bene dal male.
«Ogni lettore, quando legge, legge sé stesso. L’opera dello scrittore è soltanto uno strumento ottico offerto al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in sé stesso». Marcel Proust
Il libro è suddiviso in tre parti:
- la prima è quella che ho trovato più interessante perché argomenta la leadership come l’arte del giusto comando
- nella seconda l’autore parla dei diversi tipi umani che caratterizzano i leader
- nell’ultima, invece, descrive e riflette sul volto demoniaco del potere
FRANCESCO ALBERONI | L’ARTE DEL COMANDO | UN’INTRODUZIONE
L’autore, in questo illuminante e attuale saggio, mostra come guidare con moralità. Al centro della discussione vi è la morale del leader e di come questa gli consenta di ottenere l’efficienza nella gestione della sua squadra, della sua impresa, del suo team.
Il suo è un invito, sotto mentite spoglie, al recupero della moralità in una società in cui dilaga l’interesse del singolo. Oggigiorno sentimenti di avidità, egoismo, corruzione e prepotenza vanno per la maggiore.
«Nei momenti difficili della nostra vita noi dobbiamo essere capaci di perseguire tenacemente una meta, di volerla con tutta la forza del nostro animo, eppure dobbiamo anche saper aspettare. Come è più facile dare in escandescenze, sbattere una porta! Difficile è sopportare la prima, la seconda, la terza sconfitta e, ogni volta, ricominciare …». Francesco Alberoni
In un passaggio bellissimo del saggio Alberoni, citando David Riesman, annuncia la scomparsa dell’uomo autodiretto (cioè l’uomo capace di orientarsi grazie ai suoi principi e ai valori morali che possiede) e il trionfo dell’uomo eterodiretto. Quest’ultimo si limita a seguire le mode e le correnti d’opinione prevalenti. Così facendo la società sbanda e gli interessi personali tendono a prevalere, sempre più, su quelli collettivi.
FRANCESCO ALBERONI | L’ARTE DEL GIUSTO COMANDO[1]
FRANCESCO ALBERONI | UNA META DA RAGGIUNGERE E UNA VISIONE DA REALIZZARE
I leader giusti, alla domanda: «perché vuoi diventare Generale, Capo ufficio, Imprenditore, Professore, etc.?» non rispondono parlano di prestigio, di realizzazione, di titoli, di potere. I leader giusti perseguono finalità molto più importanti, hanno una missione da assolvere, hanno chiaro in mente qual è la loro vocazione, il loro sogno, la visione che vogliono realizzare al più presto.
Solo chi è mosso da una visione, sa trasmettere ai propri collaboratori un ideale da realizzare indicando la meta e creando una comunità morale intorno a sé. A pensarci bene: «non è quello che, ad esempio, ha fatto Cristoforo Colombo?». Se fosse stato soltanto un abile navigatore avrebbe probabilmente aspirato a diventare un Grande Ammiraglio abile nell’arricchirsi con il commercio. Lui aveva qualcosa in più, aveva un sogno: «scoprire terre inesplorate». Era ossessionato dalla ricerca di nuovi mondi. Sapeva dare un senso all’azione del proprio equipaggio. Questo è un altro elemento fondamentale: è indispensabile avere un sogno da inseguire ma è altrettanto necessario sapersi creare un seguito di collaboratori che si dedichi a coltivare questo sogno con fedeltà e motivazione. Ognuno di noi potrebbe divertirsi a ricercare tanti altri esempi simili a Cristoforo Colombo.
Molti di voi ricorderanno che in un precedente articolo parlavo, ad esempio, delle esplorazioni d’altri tempi compiute da Sir Ernest Shackleton con il suo equipaggio.
Uno degli errori più gravi che un leader possa compiere è il credere di aver fatto tutto da solo. In fondo il leader è uno che racconta e ricorda a tutti dove andare, che si accerta che la rotta venga mantenuta e custodisce la meta da raggiungere creando, attraverso l’esempio, la necessaria fiducia ed entusiasmo nei suoi collaboratori.
FRANCESCO ALBERONI | QUALI ALTRE QUALITÀ DEVE POSSEDERE IL LEADER?
Per avere organizzazioni durature ed efficienti, il leader deve saper valutare i propri collaboratori in modo da ‘mettere la persona giusta al posto giusto’. Frase non nuova questa ma di non semplice attuazione. Quantomeno il leader non deve assegnare persone inadeguate a ricoprire posizioni troppo elevate e, viceversa, affidare incarichi inferiori alle capacità dei propri collaboratori. A volte, i capi non illuminati, quelli mediocri, tendono addirittura ad ostacolare la scalata di coloro che, per capacità, meriterebbero molto di più. La stessa cosa accade con alcuni insegnanti che assumono comportamenti analoghi nei confronti degli allievi geniali.
Morale della storia: il mediocre, messo al posto che non gli appartiene, finirà per odiare e ostacolare le persone a lui superiori in termini di capacità e qualità.
«Per riuscire in una difficile impresa occorrono una formidabile motivazione ed una straordinaria tenacia. Perché occorre tener ferma l’attenzione sulla meta per mesi o anni, senza debolezze, senza riposo, continuamente attenti, vigilanti. La gente che guarda le cose dall’esterno ha l’impressione che sia stato tutto facile. Invece niente è facile». Francesco Alberoni
Il capo illuminato sa scegliere i propri collaboratori. Da un lato si circonda di persone di fidate, che non ti tradiscono, che sposano appieno i tuoi ideali e valori. Dall’altro, però, non deve correre il rischio di circondarsi solo di persone compiacenti che collaborano ciecamente. In questo caso il rischio è di non stimolare abbastanza il capo, di non mettere mai in discussione le sue idee. A volte serve anche circondarsi di qualche pazzoide, di persone geniali imparando a tenere a bada il loro essere imprevedibili e, talvolta, pericolosi.
Il bravo leader si circonda di persone entusiaste, creative, allontanando i grigi, personalità piatte, coloro che non intendono condividere sogni e ideali. Generalmente i giovani hanno una maggiore spontaneità, meno pregiudizi, entusiasmo da vendere e non temono il nuovo e l’incerto.
«Se vogliamo capire le vere intenzioni degli altri e conoscere il loro animo, non dobbiamo ascoltare ciò che dicono, ma osservare cosa fanno». Francesco Alberoni
Il bravo leader considera la propria autorità come un’occasione per offrire un miglior servizio agli altri attraverso l’esempio. Il leader che bravo non è tende invece ad approfittare della propria posizione per avere dei vantaggi personali trascurando quelli della collettività.
Un’altra buona dote del leader è quella di saper elogiare e ricompensare i meritevoli. Si tratta di padroneggiare un’arte estremamente difficile perché non è sempre facile discernere i meritevoli da quelli che sanno apparire meglio, quelli che più si conformano al leader, gli adulatori, gli ambiziosi che inseguono solo il successo personale. Un buon metodo è quello di verificare, prima di elogiare qualcuno, se non rientra in una delle precedenti categorie. Considerando il rovescio della medaglia, il leader deve saper punire e rimproverare coloro che non stanno facendo il bene dell’organizzazione. Qui entra nuovamente il gioco la moralità del leader. Alcuni comportamenti non devono essere accettati perché contro la cultura aziendale e vanno stigmatizzati. L’essere d’esempio per i propri collaboratori è una leva fortissima che ogni leader dovrebbe esercitare.
FRANCESCO ALBERONI | COSA HANNO IN COMUNE I GRANDI LEADER?
Cosa hanno in comune i grandi leader?
Semplicemente la capacità di fare grandi cose perché coniugano le straordinarie doti possedute in determinati campi con la capacità di esprimere sé stessi, la propria personalità, i propri sogni, i propri valori. Si dedicano animo e corpo al perseguimento di quei sogni strutturati su più obiettivi ben definiti.
«Bisogna porsi delle mete, bisogna combattere per raggiungerle. Bisogna avere dei sogni, bisogna battersi per realizzarli». Francesco Alberoni
Un’altra eccezionale dote che possiedono i leader è la straordinaria sensibilità per i gusti del pubblico e dei loro bisogni. Sanno anticiparli servendosi del proprio intuito. Sanno progettare beni materiali e immateriali dotandoli di un’anima. Ma come ci riescono? Cercare di guardare e riflettere sulle cose abituali mettendosi nei panni di un marziano, di un bambino alla ricerca di aspetti sconosciuti e punti di vista non valutati in precedenza. Realizzare un bene è come condurre un’esplorazione in cui la meta non è chiara a priori ma la si scopre e la si definisce viaggio durante lasciandosi contaminare.
Avevamo parlato a lungo di contaminazioni tra saperi in un precedente articolo.
Il capo illuminato adotta un pensiero strategico, quello che ti consente di individuare il problema chiave, quello da cui dipendono tutti gli altri. Il pensiero strategico non analizza minuziosamente tutte le alternative, tutte le possibilità ma, al contrario, cerca di semplificarle, di ridurle. In altre parole, preferisce l’approccio omnicomprensivo nello studio dei problemi anziché quello dicotomico. Il pensiero strategico è fatto di intelligenza, intuito nonché un grande lavoro e di tante qualità morali, pratiche e caratteriali.
In una conferenza in cui parlavo di leadership in situazioni emergenziali, ho discusso anche di approccio olistico, omnicomprensivo contrapponendolo a quello dicotomico figlio, della logica di casualità lineare.
Il leader strategico sa cogliere meglio degli altri i segnali deboli. Intuisce quando qualcosa sta per cambiare, anticipa i tempi, capisce che una brezza insignificante può talvolta trasformarsi in un uragano. Riesce a discernere gli eventi che fanno da cornice rispetto ai pochi aspetti davvero significanti. Sa capire perfettamente i sintomi della malattia quando i più nemmeno li avvertono.
«Ci sono due modi per arrivare in cima a una quercia: arrampicarvisi oppure sedersi su una ghianda». Frank Brown
Il leader sa quando decidere e non omette di prendere queste decisioni. I genitori, i capi di governo, gli allenatori, gli imprenditori, i Comandanti sono chiamati a decidere continuamente all’interno della propria vita personale e lavorativa. Una caratteristica dei capi illuminati è che non temono di dover decidere pur disponendo di poche informazioni. È di gran lunga più importante decidere in tempo piuttosto che aspettare la decisione perfetta che giungerà in ritardo o che, addirittura, non arriverà mai. Le decisioni cruciali, quelle importanti si presentano sempre come una scommessa, con vantaggi e svantaggi che spesso tendono ad equivalersi. Orbene Alberoni individua 5 tappe fondamentali percorse dai grandi leader nei loro processi decisionali:
- Dimostrano empatia, sanno entrare in contatto con i propri collaboratori e clienti. Sanno calarsi nei panni altrui.
- Sanno comprendere la realtà, chiedendo, raccogliendo pareri, cercano di prevedere i comportamenti altrui
- Evitano di lanciarsi allo sbaraglio. Nonostante le poche informazioni disponibili cercano di farsi avanti con l’abilità di uno spadaccino per parare tutti i colpi degli avversari
- Sono consapevoli che la decisione è solo l’inizio del processo e che sarà inevitabilmente seguito da un tenace lavoro di aggiustamento continuo del tiro tenendo sempre bene a mente la rotta da seguire
- Hanno la capacità di mobilitare i propri collaboratori e convincerli sulla bontà delle decisioni assunte
A proposito di decisioni, abbiamo ampiamente trattato la stretta relazione esistente tra i leader e il processo decisionale in un precedente articolo del blog “Alleniamoci alla leadership!“.
FRANCESCO ALBERONI | QUALITÀ E VIRTÙ
«Re o governanti non sono coloro che portano con sé uno scettro, ma quelli che sanno comandare». Socrate
Ecco le principali qualità e virtù che, secondo Alberoni, un leder dovrebbe possedere o, quantomeno ricercare:
- DETERMINAZIONE: non si realizzano sogni, non si raggiungono obiettivi senza dedicarci una grande quantità di energia e forza d’animo. Bisogna perseverare e dimostrarsi instancabili
- AVERE UN’IDEA CHIARA: per realizzare il tuo sogno devi avere un progetto chiaro in mente ed essere pronto a discuterlo, a studiarlo nei dettagli per poi passare alla fase di esecuzione. Come nelle grandi campagne militari: c’è sempre una fase di pianificazione ed una in cui si passa all’inevitabile condotta dell’operazione stessa. Due facce della stessa medaglia
- VINCERE LA PAURA: una delle capacità chiavi è quella di saper vincere le proprie ansie e paure rimanendo lucido, sereno e rilassato anche quando siamo sotto stress
- USARE UN LINGUAGGIO PRECISO: il linguaggio deve racchiudere i valori, gli obiettivi organizzativi e devono suscitare quel sentimento comune di appartenenza alla cultura organizzativa. Il linguaggio deve essere ricercato, non banale, adottato e conosciuto a tutti i livelli dell’organizzazione. È un modo per imporsi un’etica, dei valori trasferendoli attraverso l’esempio all’organizzazione cui apparteniamo
FRANCESCO ALBERONI: E QUINDI?
Questo libro mi ha insegnato che è possibile meritarsi la propria posizione di leadership e, soprattutto, che possiamo esercitare con moralità l’autorità ricevuta.
Ho letto di valori quali consenso, giustizia, onestà, creatività, meritocrazia, desiderio di realizzare cose utili e belle.
È d’ispirazione per tutti coloro che sono responsabili nei confronti di altri esseri umani.
L’autore non si riferisce solo a imprenditori e politici, ma anche ai genitori, agli insegnanti, ai capi squadra, agli allenatori, al direttore di un negozio, a un capo ufficio, […] e a tanti altri ancora!
[1] Francesco Alberoni, L’Arte del Comando, RCS Libri S.p.A, Milano, 2002, pagg. 13 – 127.
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