Cari lettori,
in questo articolo voglio accostare il termine creatività a quello di leadership. Sin da subito constato che si tratta di un binomio vincente e dalle enormi potenzialità!
Vedremo perché! Come al solito sono pronto ad arricchirmi grazie ai commenti e alle vostre considerazioni!
ACCENDI LA LAMPADINA[1]
Se andate in rete e ricercate ‘per immagini’ il lemma creatività, appariranno sicuramente delle foto di lampadine. Questo simbolo gode anche di un fondamento scientifico, oltre che essere l’espressione dell’immaginario collettivo.
I neuroscienziati hanno infatti scoperto che una piccola parte dell’emisfero destro del nostro cervello si illumina letteralmente quando una persona ha un’idea. Per chi volesse approfondire i temi connessi con il pensiero laterale e verticale, può leggere il mio precedente articolo sul tema, usando il collegamento ipertestuale indicato.
Secondo lo psicologo americano Robert Epstein, è possibile favorire l’accensione della lampadina nel cervello acquisendo queste 4 competenze chiave:
- CATTURIAMO: quando nuove idee si manifestano, facciamoci trovare pronti per catturarle (letteralmente) e a non farcele sfuggire. Io ho sempre un taccuino, qualche foglietto, una penna o una matita per annotare le idee, man mano che mi appaiono. Per gli amanti della tecnologia ci sono diverse applicazioni che torneranno utili allo scopo. Spesso l’illuminazione arriva quando meno te l’aspetti. E, con altrettanta velocità, scompare dalla nostra mente. Facciamoci trovare pronti se non vogliamo che tante buone idee svaniscano!
- Scegliamo l’AMBIENTE: è fondamentale circondarsi di persone stimolanti che si influenzano e si ispirano reciprocamente. Lo stesso dicasi per gli oggetti presenti in questi luoghi. Scegliamo dunque gli ambienti giusti che sappiano e che possano ispirarci! Altrimenti … creiamoli!
- Ricerchiamo e raccogliamo le SFIDE: andiamo alla ricerca dei problemi complessi e lanciamoci nella loro risoluzione. Sforziamoci di googlare meno quando ci imbattiamo nella risoluzione di nuovi problemi e stimoliamo principalmente il nostro cervello nel trovare soluzioni. Tante idee inaspettate appariranno!
- ESPANDIAMOCI: sforziamoci di ampliare costantemente le nostre competenze e interessi. Tante idee vengono fuori proprio dalla contaminazione di settori ritenuti distanti e separati tra loro.
“Una donna affetta una coscia di maiale prima di metterla nel forno. Quando il marito ne domanda la ragione, la moglie risponde che sua madre faceva sempre così. Questo perché la teglia da forno della madre era troppo piccola per un intero cosciotto … ed è questo il motivo che ha dato origine a quell’abitudine.” Davide Mitchell
PENSARE FUORI DAGLI SCHEMI[2]
Il pensare fuori dagli schemi, l’essere creativi si scontra con la naturale tendenza che caratterizza la risoluzione dei problemi: riadattare soluzioni già trovate in precedenza in circostanze simili.
Proprio per le molte incognite che ci si trova davanti quando si deve affrontare un nuovo problema, sono davvero in pochi a sforzarsi di ricercare soluzioni fantasiose. Questo perché costa fatica e, soprattutto, si corre il rischio di imbattersi in soluzioni impraticabili.
Però, solo procedendo in questa maniera riusciremo a stimolare la nostra capacità innovativa, potremo ridefinire gli schemi precostituiti e saremo in grado di superare quei modelli che all’apparenza non ammettono variazioni, mutamenti o innovazioni.
IL DILEMMA SFRUTTAMENTO-ESPLORAZIONE
Dopo aver parlato di ‘creatività’ e di ‘ragionare fuori dagli schemi’, voglio discutere con voi del dilemma “sfruttamento – esplorazione” descritto, in maniera semplice ed efficace, nel saggio di James G. March[3].
Tutti gli incaricati di occuparsi della risoluzione dei problemi all’interno di un’organizzazione sono chiamati a confrontarsi, in forme e situazioni diverse, con il seguente dilemma: SFRUTTARE le competenze acquisite, cioè continuare a ‘fare come si è sempre fatto’ mediante un uso efficiente d’idee e capacità già esistenti, oppure ESPLORARE nuove soluzioni e cercare nuovi modi di affrontare problemi noti.
In quest’ultimo caso il rischio, almeno nelle fasi iniziali, è di non conseguire alcun miglioramento se la nuova idea non dovesse rivelarsi subito efficace. Di solito, l’apparente ma immediato successo dello sfruttamento tende a scoraggiare l’esplorazione poiché i benefici di quest’ultima sono incerti e remoti sia nel tempo sia nello spazio. A ciò aggiungo che questo consolidato modo di favorire lo sfruttamento a scapito dell’esplorazione ha apparentemente il merito di far risparmiare tempo perché ritenuto capace di risolvere il problema in tempi brevi.
A pensarci bene, però, questa tendenza si ripercuote sulla competitività di lungo periodo dell’organizzazione e non stimola le capacità innovative dei suoi membri. I leader che preferiscono l’esplorazione allo sfruttamento, sono solitamente in possesso di una spiccata immaginazione, di una grande dedizione e di un’ottima capacità di sognare.
«Amici miei, vi dico che, anche se dovrete affrontare le asperità di oggi e di domani, io ho sempre davanti a me un sogno». Martin Luther King
I sogni e le visioni sono un mezzo per superare i vincoli posti dalla realtà quotidiana, i condizionamenti fisici, le limitate capacità degli uomini e delle donne come singoli, la situazione nella quale sono chiamati a operare. Permettono di scoprire possibilità e sentieri che conducono a nuove realtà e, pur non avendo lo stesso realismo degli obiettivi che ci si pone quando si è svegli, hanno il medesimo effetto di spingere ad azioni audaci che altrimenti non si farebbero. Per dare una maggiore concretezza ai sogni potete, ad esempio, leggere la visione enunciata nel mio blog.
Ti starai chiedendo: «Come si può incoraggiare l’apparizione di sogni e visioni capaci di modificare in meglio l’organizzazione cui si appartiene?»
Se non vogliamo che tali visioni rimangano prerogativa di poche figure considerate folli e geniali, dobbiamo essere più tolleranti nel permettere loro di prosperare all’interno dell’organizzazione. Sforziamoci di essere indulgenti nei confronti dei sogni, evitiamo di reprimerli, di ricorrere a verità generalmente accettate.
L’immaginazione è la facoltà di elaborare liberamente e con fantasia i dati dell’esperienza e i pensieri. Gli innovatori hanno bisogno di qualcuno che creda in loro. È difficile pensare che il sogno di Cristoforo Colombo si sarebbe avverato ugualmente se Isabella di Castiglia non avesse sovvenzionato l’impresa. Se coltiveremo intorno a noi una cultura che non ostacola il proliferare d’idee innovative, dovremo solo aspettare che gli innovatori producano i risultati.
E questa cultura si autoalimenta. Un leader che ha già assaporato il gusto del successo è disponibile ad assumersi nuovi rischi e a prendere decisioni sempre più audaci. Prevedere la riuscita gli conferisce maggior agio nell’attuare esperimenti rischiosi e, contemporaneamente, incoraggia i ssuoicollaboratori a interpretare in maniera favorevole i risultati ottenuti.
Una cultura del successo stimola a credere nelle capacità individuali e di conseguenza aumenta la propensione al rischio.
Anche nella progettazione dell’educazione dei leader bisogna partire da questo dilemma. Succede, infatti, che in talune circostanze gli insegnanti preferiscano scoraggiare in partenza chiunque pensi fuori dagli schemi. La principale tendenza è quella di valutare gli allievi sulla capacità di risolvere i problemi ricorrendo alla semplice applicazione di teorie, dottrine, procedure, metodi noti, sperimentati e ampiamente consolidati.
Occorre invece insegnare sì la dottrina ma, al tempo stesso, lasciare spazio all’immaginazione, suscitando in loro la giusta curiosità e stimolando la fantasia.
«Tra vent’anni sarete più delusi per le cose che non avrete fatto, che per quelle che avrete fatto. Quindi levate l’ancora, allontanatevi dal porto sicuro, prendere i venti con le vostre vele. Esplorate, sognate, scoprite!» Mark Twain
COME SI COMPORTANO I LEADER CREATIVI[4]?
In questo paragrafo metterò insieme alcune idee del fisico tedesco Ulrich Kraft e del professor Adam Brandenburger. Queste idee, sperando di non deludervi e di esserne all’altezza, saranno contaminate dalle mie considerazioni sulla creatività.
Dai contenuti tratti dall’interessantissimo articolo del professore Adam Brandenburger (pubblicato sul numero di marzo / aprile 2019 della rivista Harvard Business Review) ho ricavato qualche strategia applicabile alle organizzazioni che intendono stimolare la creatività al proprio interno:
- CONTRASTARE: quali pezzi della saggezza convenzionale sono di supporto alla contraddizione? Ricerchiamo gli assunti fatti, i ‘dati per scontato’, i ‘si è sempre fatto così’ presenti in ogni ambito della nostra organizzazione. Pensiamo cosa potrebbe guadagnarci l’organizzazione se dimostrassimo che alcuni di loro sono falsi o privi di fondamento. A questo punto, nel caso lo dimostrassimo, non ci resterebbe che combattere deliberatamente questi atteggiamenti modificandoli in modi più virtuosi. Teniamo a mente che questi assunti, se adottati per lungo tempo, fanno parte integrante di tutti gli ingranaggi organizzativi e pertanto non sono affatto facili da cambiare. Prepariamoci a fronteggiare la resistenza al cambiamento che inevitabilmente emergerà.
- COMBINARE: come connettere prodotti e servizi che tradizionalmente sono stati sempre separati? La combinazione è un approccio che storicamente ha stimolato la creatività sia nelle arti sia nelle scienze. Anche nelle organizzazioni ciò si verifica. E le nuove tecnologie sono una ricca risorsa che consente di realizzare queste sinergie: le migliori combinazioni possibili nascono proprio dall’integrazione uomo / intelligenza artificiale (Artificial Intelligence) e catena di blocchi (blockchain). Se vogliamo realizzare questa integrazione dobbiamo formare gruppi di lavoro eterogenei, i cui componenti provengono dalle più disparate esperienze e che possiedono competenze molto diverse. A noi il compito di farli pensare tutti insieme (brainstorming). Sicuramente emergeranno nuove idee da eesplorare. Dobbiamo stimolare il gruppo per vedere dove condurranno. È forse giunto il momento di inserire l’intelligenza artificiale nei consigli di amministrazione e nei gruppi decisionali, per sfruttarne la capacità di usare più velocemente ed efficacemente il pensiero verticale?
- VINCOLARE: come trasformare limiti e passività in opportunità? Il pensiero creativo, anche negli affari, consente di trasformare limiti in opportunità. Uno dei modi per procedere è iniziare ad elencare le incompetenze (oltre che le competenze) che ci sono nella nostra organizzazione e verificare, per ognuna di esse, se è possibile trasformarle in punti di forza. Pensiamo anche di creare artificiosamente alcuni vincoli proprio per incoraggiare le persone a trovare nuovi modi di pensare e agire. Il principio “Riccioli d’oro” (Goldilocks principle) afferma che le persone, quando chiamate a scegliere fra alternative simili, tendono a gravitare sull’opzione più moderata, quella che si colloca al centro. Tale principio ci viene in aiuto nel senso che, troppi vincoli soffocano ogni possibilità ma, anche la completa assenza di vincoli per taluni, potrebbe costituire un problema.
- CONTESTARE: come possono industrie, idee o discipline distanti tra loro far luce sui nostri problemi più urgenti? Il primo modo di procedere è una tecnica ben nota tra coloro che si occupano di risoluzione dei problemi: partiamo da un problema inserito in un determinato contesto, cerchiamo un contesto diverso in cui sia stato risolto un problema simile e importiamo questa soluzione e vediamo se funziona. Facciamo visitare la nostra azienda / organizzazione da qualcuno di esterno che lavora in settori diversi dal nostro. Solitamente occhi nuovi, distaccati, non familiari con l’ambiente possono essere molto utili per aiutare a scoprire nuove risposte e opportunità che, a un occhio sempre presente nella sua organizzazione, sfugge. Ricerchiamo e coinvolgiamo leader innovativi e collaboratori soliti trovare soluzioni estreme.
«Non voglio essere circondato di persone che mi danno sempre ragione. Voglio che tutti mi dicano la verità, anche se può costargli il posto di lavoro». Samuel Goldwyn
Dall’elenco di pratiche utilizzate dal fisico tedesco Ulrich Kraft per accrescere la fantasia, trovo i seguenti modi di fare particolarmente adatti a stimolare la creatività:
- MERAVIGLIAMOCI, conservando quello stupore infantile che i bambini hanno quando vanno alla scoperta del mondo che li circonda. Nei primi anni di vita siamo spiccatamente creativi perché la nostra mente è priva di alcun condizionamento e sovrastruttura. Ciò si verifica a quell’età perché sono state poche le occasioni di assimilare schemi mentali e cliché che, viceversa, si acquisiscono negli anni con la formazione scolastica e l’esperienza maturata.
- RICERCHIAMO LA MOTIVAZIONE in quello che facciamo, cercando di assecondare sempre le nostre passioni. Sentiamoci parte della missione che dobbiamo assolvere e recitiamo la nostra parte per farlo. Ecco perché una delle strategie per mantenere viva la motivazione nel lungo periodo è quella di lavorare su obiettivi che siano in linea con la regola dei “Riccioli d’oro”: non troppo ambiziosi, tantomeno troppo poco ambiziosi.
«La regola di Riccioli d’Oro (Goldilocks principle) stabilisce che gli esseri umani sperimentano la massima motivazione quando lavorano su compiti poco al di sopra delle proprie capacità. Né troppo difficili né troppo facili. Semplicemente il giusto». James Clear
- SIAMO INTELLETTUALMENTE CORAGGIOSI, sforzandoci di pensare fuori dal coro. Costa fatica, sarà pure una frase trita e ritrita ma, anziché parlarne, dobbiamo sforzarci di metterla in pratica. E se è un leader a farlo, quasi sicuramente in tanti si sentiranno invogliati a seguire il suo esempio.
- MEDITIAMO, cerchiamo di rilassarci per liberare la fantasia, sogniamo a occhi aperti. È stato studiato che un lampo di genio giunge con maggiore facilità quando si è calmi. Ad Albert Einstein le idee migliori giungevano quando era distratto, quando si dedicava a qualcos’altro (tipo “costruire i castelli in aria”).
Per stimolare in ogni campo la nostra creatività teniamo sempre a mente:
- c’è sempre un modo migliore di fare qualcosa;
- prendiamo un’idea, un piano, una soluzione di successo e applichiamola a un ambiente differente da quello in cui è nato ed è stato applicato; trasferiamo un’idea di successo in un Paese o in una zona diversa da quelli di origine; proviamo a miscelare due o più idee di successo;
- ricerchiamo soluzioni contro-intuitive, quelle ritenute poco logiche, ricordandoci che spesso queste portano benefici straordinari con un limitato dispendio di energie;
- troviamo soluzioni inedite osando qualcosa di mai tentato prima. Se così non fosse stato, ad esempio, Cristoforo Colombo non avrebbe scoperto l’America;
- ricordiamoci che a volte serve coraggio per prendere le decisioni giuste, soprattutto quando gli altri dicono che stai commettendo un grande errore;
- quando abbiamo l’onore di giocare una partita da leader, il nostro compito è quello di incoraggiare la diversità, minimizzando le tensioni all’interno dell’organizzazione e imparando a riconoscere i potenziali talenti.
E QUINDI?
Sono fortemente convinto che, oggi più che mai, leadership e creatività debbano procedere all’unisono e coesistere indissolubilmente. Un leader non creativo non può indicare il sentiero da percorrere perché non sa nemmeno immaginarlo. Il leader deve CREARE valore per la propria organizzazione, sovente differenziandola dalle altre alla ricerca di un vantaggio competitivo. È un lavoro difficile e complicato. Per certo il leader è più efficace se sa essere creativo, se è abile nel mettere in discussione il ‘si è sempre fatto così’, se sa sfidare i modi consolidati di fare le cose e se è in grado di ragionare fuori dagli schemi. E queste competenze POSSONO e DOVREBBERO essere insegnate a scuola, negli istituti di formazione, ovunque ve ne sia la possibilità.
«Il genio rende dunque possibile esplorare percorsi sconosciuti e talvolta redditizi in una situazione in cui lo sfruttamento delle capacità comuni, di cui l’istituzione è padrona, non è sufficiente a risolvere una crisi. Quando l’esplorazione diventa troppo costosa o crea eccessiva incertezza e minaccia le posizioni consolidate, l’istituzione abbandona il genio. Questo scenario si ripete nel caso di altri eroi mandati dalla provvidenza[5]».
[1] Surendra Verma, 100 cose che non sai sulla tua mente, DeAGOSTINI Libri S.p.A, Novara, Ottobre 2013, pp. 21-26.
[2] Leo Ferrante, Leader si diventa. 11 metodi per guidare gli altri nel lavoro e nella vita, Kindle Direct Publishing, Roma, 2018, pp. 113-132.
[3] James G. MARCH e Thierry WEIL, L’arte della leadership, Il Mulino, Bologna 2007, pp. 43-52.
[4] Leo Ferrante, Innovazione e creatività: quale modello organizzativo e stile di leadership adottare? Proposta di applicazione all’interno del sistema di informazione per la sicurezza della repubblica, Casa Editrice Il Filo di Arianna, La Spezia, 2020.
[5] James G. MARCH e Thierry WEIL, L’arte della leadership, Il Mulino, Bologna 2007, pag. 52.
Sito internet consultato nella stesura di questo articolo:
- Great Strategy Requires Creativity (hbr.org) (ultima visita in data 24 gennaio 2021)
Salve, credo che al di là della creatività, un capo o leader come oggi è in uso parlare, debba essere umile, a che la sua voce raggiunga tutti, poiché non è con i toni alti che si crea l’ascolto, ma con i contenuti e la creatività geniale.
Tutti sanno che una cosa è impossibile da realizzare, finché non arriva uno sprovveduto che non lo sa e la inventa.(.A.E.)
Buonasera Marco,
grazie del commento.
Condivido le sue affermazioni. Sulla capacità di ascolto ho scritto nel blog. Se non lo ha già fatto le consiglio di leggere l’articolo che ho pubblicato settimane fa nella sezione dedicata alle massime e agli aforismi. Lo trova al seguente collegamento ipertestuale:
https://www.leoferrante.it/le-quattro-competenze-di-un-leader-secondo-peter-f-drucker/
Riguardo la citazione di Albert Einstein cui fa cenno, nulla da aggiungere.
Alla prossima,
Leo.
Salve ! Tema interessante e molto profondo, tanto che esistono moltissime versioni di pensiero al riguardo !! Personalmente ritengo che per essere un ottimo leader debbano essere presenti entrambe le caratteristiche enunciate in un suo splendido libro: si deve nascere con le attitudini caratteriali da leader ma si deve anche svilupparle e ad affinarle in modo tale da ottenere il massimo da sé stessi ma soprattutto dagli altri !! Infine credo che Leader si venga “promossi” da CHI si sente di seguire senza se ..e senza ma.. il modo di essere, di fare e di porsi elevandosi come esempio di valori, giustezza delle decisioni e determinazione nell’affrontare i vari aspetti della vita !!
Sembra facile ma solo pochi , davvero pochi, racchiudono in sè queste magnifiche peculiarità …!!
Grazie per il commento Salvatore.
Condivido le tue osservazioni. La leadership è un tema molto vasto, significativo, determinante per ogni organizzazione, sia essa pubblica o privata. Come risposta all’annoso interrogativo: “leader si nasce o si diventa?”. La risposta, come spesso avviene nelle scienze sociali, sta nel mezzo: “entrambe le cose!”. Ci sono caratteristiche innate che acquisiamo alla nascita, mentre, ve ne sono tante altre che possono essere rese più efficaci con l’allenamento e la pratica.
Effettivamente tutte le organizzazioni hanno un grande bisogno di buona leadership! Ed è anche questo il motivo per cui, con il mio blog, cerco di stimolare il dibattito e la discussione su questo tema così importante!
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