Indiani Apache, Rotonde stradali: quali insegnamenti per leadership e organizzazioni?

«Solo dopo che l’ultimo albero sarà abbattuto, solo dopo che l’ultimo lago sarà inquinato, solo dopo che l’ultimo pesce sarà pescato, Voi vi accorgerete che il denaro non può essere mangiato.» Toro Seduto, capo della tribù dei Sioux

Indiani Apache e Rotonde stradali: un’introduzione

Da quando è in rete il blog “Alleniamociallaleadership!” abbiamo affrontato in tre diverse occasioni il rapporto che intercorre tra leadership e auto-organizzazioni.

«È meglio avere meno tuono in bocca e più fulmine nella mano.» Apache

Con il primo articolo introducevamo il tema delle auto-organizzazioni e la stretta relazione che intercorre con il leader, chiamato a comprendere e sfruttare al meglio l’opportunità offerta da questa nuova realtà organizzativa.

Leadership e auto-organizzazioni: fin dove dobbiamo spingerci?

 

Nel secondo articolo analizzavamo gli insegnamenti che Skype, Wikipedia e Internet (auto-organizzazioni per eccellenza) offrivano ai leader!

Auto organizzazione e leader | quali insegnamenti da Skype, Wikipedia, internet?

 

Nell’ultimo articolo, invece, gli insegnamenti giungevano dalle termiti e dai termitai!

Termiti e Termitaio | quale insegnamenti per i leader?

 

Oggi vogliamo evidenziare cosa hanno gli Indiani Apache e le Rotonde stradali da insegnare ai leader. Nel farlo ci avvarremo delle chiavi interpretative che le auto-organizzazioni offrono.

 

Indiani Apache[1]

«La vita è come un ponte, puoi attraversarla ma non costruirci una casa sopra.» Proverbio dei Sioux

 

Prima di guardare agli Apache dal punto di vista organizzativo, vi invito a guardare questo interessante documentario sugli Indiani del Nord America curato da Enzo Biagi. Piuttosto lungo (45′) ma molto interessante!

 

 

Indiani Apache: occorre tornare indietro di quasi cinque secoli nell’odierna città del Messico dove, Hernando Cortés, riuscì a soggiogare il locale sovrano Montezuma con la semplice minaccia di privarlo della vita ove non avesse ceduto potere e ricchezza, riservandosi di eliminarlo in un momento successivo. La perdita della massima autorità nazionale gettò l’Impero Azteco, molto gerarchizzato, nel caos cancellandone la plurisecolare esistenza nel giro di pochi anni di scompiglio.

Analoga sorte colpì l’impero degli Incas che si sciolse come neve al sole entro un anno dalla deposizione e uccisione dell’Imperatore.

La strategia scelta dagli spagnoli rispondeva a una logica di causa-effetto, di tipo ‘lineare’. Tuttavia questa s’infranse di fronte alla societànon lineare’ degli Apache stanziati nell’odierno Nuovo Messico. Questo popolo di cacciatori e raccoglitori eluse ogni sforzo dei Conquistadores di convertirli in agricoltori e al credo cristiano, opponendo un’accanita resistenza. Nonostante l’evidente inferiorità dal punto di vista tattico-operativo, gli Apache resistettero per due secoli grazie alla loro peculiare organizzazione sociale: potere politico distribuito e limitatissima centralizzazione. In pratica nessun Montezuma II o Atahualpa era presente, perché le funzioni d’indirizzo e coordinamento erano disimpegnate da numerosi Nan’tan (santoni, guide spirituali e culturali), privi di potere coercitivo ma grandi ispiratori di comportamenti ampiamente condivisi. In tal senso, diversamente dagli imperi ‘convenzionali’ dell’America Centrale, gli Apache non avevano un centro di vulnerabilità critica (assenza di leadership centralizzata) che potesse essere neutralizzato facendo ricorso logiche di tipo lineari: l’uccisione di un Nan’tan non comportava effetti decisivi sull’intera comunità. Questo perché gli Apache erano strutturati in molteplici unità autonome che riuscivano a riorganizzarsi e rigenerarsi con estrema facilità, al pari di quanto avviene oggi giorno con i gruppi terroristici[2]. Dopo aver resistito con successo a spagnoli, americani e messicani, gli Apache persero le loro caratteristiche distintive quando gli americani regalarono del bestiame ai Nan’tan. Quest’ultimi vvenivani così privati dell’esclusiva ascendenza spirituale di fronte alla comunità, essendo stati fino a quel momento nullatenenti. Ciò determinò la graduale creazione di una struttura gerarchica, con la formazione di consigli tribali e la nascita degli inevitabili conflitti interni. La società vide la coesione erodersi rapidamente. Oggi gli indiani Apache, persa l’indipendenza di un tempo, vivono ormai ‘sconfitti’ nelle riserve del New Mexico, Arizona e Oklahoma[3].

«QUATTRO STRADE

Ci sono quattro strade che possono portarti dove vuoi andare.
La prima ti conduce dove ti manda il tuo primo pensiero.
Non è la strada giusta. Rifletti un poco.
Affronti allora la seconda.
Rifletti nuovamente ma non scegli ancora.
Finalmente, alla quarta riflessione tu sarai sulla strada giusta.
Così non rischierai più nulla.
Qualche volta, lascia passare una giornata prima di risolvere il tuo problema

Diablo, Apache della Montagna Bianca

Rotonde stradali[4]

«Dobbiamo abituarci all’idea: ai più importanti bivi della vita, non c’è segnaletica.» Ernest Hemingway

 

Prima di descrivere il funzionamento delle rotatorie, vi consiglio di guardare il video di Gioele Dix intitolato “L’incubo dell’automobilista incazzato: le rotatorie!” Poco meno di 5 minuti di puro divertimento!

 

Rotonde stradali: altro esempio eloquente di auto-organizzazione. Facciamo riferimento alle cosiddette rotatorie che autoregolano il traffico stradale agli incroci. La loro efficacia supera di gran lunga i risultati ottenuti con qualsiasi installazione semaforica. Ciò si spiega essenzialmente con il fatto che gli utenti si organizzano autonomamente, osservando poche semplici regole. L’effetto regolatore dei semafori è sostituito dall’autoregolamentazione, in osservanza delle semplici regole del dare la precedenza. Un impianto semaforico tradizionale basa il suo funzionamento su un programma informatico che tenta di ottimizzare il flusso del traffico in un incrocio. Quando la circolazione è intensa in un senso di marcia, potrebbe verificarsi che nell’altra strada, con il semaforo verde, non ci sia nessuno a transitare. Ugualmente occorrerà aspettare il verde prima di impegnare l’incrocio. Nelle rotatorie, invece, la scelta di quando impegnare la rotonda, è lasciata al conducente che deve attenersi alla semplice regola: ‘dare la precedenza a chi ha già impegnato la rotonda’. Si è in presenza di un’auto-organizzazione che rende il traffico regolare, evita inutili attese, imbottigliamenti e code. Gli incidenti sono ridotti al minimo. Diversi studi hanno dimostrato infatti, che, sostituendo le lanterne semaforiche tradizionali con delle rotonde gli incroci più trafficati, teatri di gravi incidenti, siano diventati più sicuri e con meno imbottigliamenti. Anche in questo caso quindi si assiste al trionfo dell’auto-organizzazione.

 

Indiani Apache e Rotonde stradali: quali insegnamenti?

«La vita è un labirinto con migliaia e migliaia di bivi, uno dietro l’altro, e per ogni bivio ci sono almeno due vite possibili in attesa.» Luciano De Crescenzo

Voglio condividere con voi una prima serie di osservazioni.

  • Studiamo le organizzazioni del passato. Questo, non con lo scopo di riproporre ciecamente vecchie strategie nella convinzione che funzioneranno anche in questa circostanza, ma perché vogliamo meglio comprendere il funzionamento del presente provando a disegnare il futuro delle organizzazioni.
  • Poche e semplici regole possono determinare effetti di gran lunga superiori a quelli che si otterrebbero utilizzando nuovissime tecnologie e un numero infinito di leggi, regolamenti, norme, disposizioni interne e […] chi più ne ha più ne metta! Riflettiamo su quanto funzionano bene le rotatorie rispetto alle classiche lanterne semaforiche e sforziamoci di riproporre quest’idea in altri contesti organizzativi!
  • Nelle auto-organizzazioni troviamo leader che non guidano nella concezione classica del termine. Ispirano invece all’azione, suscitano lo spirito di emulazione, ispirano comportamenti collettivi, creano consenso intorno all’organizzazione, determinano gruppi ai quali in tanti vorrebbero appartenere, indicano sogni collettivi da realizzare, sono catalizzatori di comportamenti condivisi!
  • È davvero necessario decapitare i presunti vertici delle organizzazioni terroristiche per indebolirle e sconfiggerle? Si tratta di strategie basate su logiche lineari non adatte a contrastare fenomeni complessi che rispondono a logiche di tipo circolare!
  • Pur non avendo la presunzione di offrire soluzioni giuste, sono convinto che le auto-organizzazioni rappresentino la strada da intraprendere per tutti quei leader che intendono innovare e creare qualcosa di nuovo!
  • MENO gerarchia quindi e PIÙ auto-organizzazioni!

 

«Quando davanti a te si apriranno tante strade e non saprai quale prendere, non imboccarne una a caso, ma siediti e aspetta. Respira con la profondità fiduciosa con cui hai respirato il giorno in cui sei venuta al mondo, senza farti distrarre da nulla, aspetta e aspetta ancora. Stai ferma, in silenzio, e ascolta il tuo cuore. Quando poi ti parla, alzati e va’ dove lui ti porta.» Susanna Tamaro

 

Ora mi piacerebbe ricevere le vostre considerazioni e i vostri commenti sulle auto-organizzazioni.

Lasciateli nei commenti in modo da creare valore aggiunto per tutti i lettori!

Vi aspetto!

 

 

[1] Leo Ferrante, Innovazione e creatività: quale modello organizzativo e stile di leadership adottare? Proposta di applicazione all’interno del sistema di informazione per la sicurezza della repubblica, Casa Editrice Il Filo di Arianna, La Spezia, 2020, pp. 78-79.

[2] Ori Brafman e Rod A. Beckstrom, Senza leader. Da Internet ad Al Qaeda: il potere segreto delle organizzazioni a rete, ETAS, Milano, 2007, pp. 5 – 17.

[3] Alberto F. De Toni, Luca Comello, Lorenzo Ioan, Auto-organizzazioni. Il mistero dell’emergenza nei sistemi fisici, biologici e sociali, Marsilio, Venezia, 2011, pp. 177 – 179.

[4] Leo Ferrante, Innovazione e creatività: quale modello organizzativo e stile di leadership adottare? Proposta di applicazione all’interno del sistema di informazione per la sicurezza della repubblica, Casa Editrice Il Filo di Arianna, La Spezia, 2020, pp. 88-89.