La leadership in situazioni emergenziali | un’introduzione

 

Il 27 ottobre scorso ho avuto l’onore di partecipare, in qualità di relatore, alla 73^ sessione di studio IASD | anno accademico 2021 – 2022. Ecco il tema della conferenza che mi era stato assegnato: “Leadership: responsabilità, rischi e sfide in situazioni emergenziali. La gestione del post emergenza.

Dopo averci pensato un po’, ritengo utile condividere con i miei lettori i contenuti del mio intervento. Il fine è quello di regalare a tutti voi un altro punto di vista sui temi di ricerca a me più cari.

Prima di iniziare, vi informo che si tratta dell’articolo più lungo pubblicato all’interno del blog: sono poco più di 5000 battute!

 

La leadership in situazioni emergenziali | rilettura del titolo della conferenza

 

Rileggendo il titolo della conferenza sono giunto alla conclusione di dover necessariamente dividere la presentazione in 2 parti: la prima, relativa alla situazione emergenziale, alla crisi vera e propria mentre, la seconda, focalizzata sulla gestione del post emergenza.

Preciso che la conferenza non ambiva ad essere una lezione universitaria. Questo perché non sono un accademico ma solo un grande appassionato di leadership, sistemi complessi, auto-organizzazioni, pensiero laterale e creatività. Teniamo a mente infine che queste sono le lenti interpretative utilizzate per argomentare il tema assegnatomi.

Volendo semplificare al massimo, discuteremo di leadership nelle situazioni emergenziali e nel post crisi!

 

La leadership in situazioni emergenziali | alcune definizioni

 

Prima di entrare nel vivo della trattazione, ritengo doveroso intenderci su alcune definizioni.

Queste le 4 definizioni che analizzeremo insieme per meglio apprezzare l’oggetto della conferenza.

 

ARTE DEL COMANDO

Cominciamo con una delle possibili definizioni di leadership. Trattandosi di un tema strettamente interconnesso con le scienze sociali, esistono tante definizioni di leadership. Questa è quella che preferisco:

«L’arte del Comando è una rara combinazione di cultura, doti caratteriali, fortuna (è un po’ come mettere insieme diversi colori per ottenere una tonalità nuova, adatta allo scopo e al contesto nel quale ci si trova ad operare. Questo è il leader, ognuno diverso dall’altro che va considerato nel suo insieme e nel contesto organizzativo dove opera). In maniera più semplicistica, autorevole umiltà, fondata sull’esempio!

Non posso dilungarmi molto ma la leadership che a me interessa, quella che mi ha fatto appassionare e incuriosire si ispira al pensiero di Max Weber incontrato nei miei studi, per la prima volta, durante la preparazione dell’esame di Sociologia. Max Weber teorizzò 3 diversi tipi di potere che legittimano un leader :

  • la legittimità tradizionale (deriva dal sacro, dai titoli nobiliari, etc.)
  • la legittimità legale-razionale (deriva dalle Costituzioni, dall’ordinamento di un Paese, dalle leggi). In pratica, la maggior parte dei frequentatori virtualmente presente in aula, esercitava un’autorità sui propri collaboratori e, la loro leadership, è tale perché occupavano una determinata posizione all’interno di un organigramma
  • infine, la legittimità carismatica che fonda la propria esistenza sulla forza eroica e sul valore che una persona dimostra e che si guadagna sul campo dell’onore. È frutto di un riconoscimento non dovuto, non scontato ma voluto dai propri collaboratori. Il leader naturale, colui che naturalmente si fa seguire all’interno di un gruppo di bambini.

Quest’ultima è la leadership che a me appassiona, quella che studio e che dovremo tenere a mente! Il vero leader è per me colui che riesce a fondere insieme alla legittimità legale/razionale, che deriva dalla posizione occupata, anche la legittimità carismatica. In questo caso i risultati sono evidenti, garantiti e spesso dirompenti.

Vedremo più avanti che è proprio la leadership carismatica a farla da padrone in situazioni di crisi!

 

LA RESPONSABILITÀ

La responsabilità è un concetto strettamente correlato alla leadership … non ci può essere un leader senza responsabilità nella sua accezione più ampia. Sarà capitato a tutti voi lettori e leader di avere qualche scambio di vedute con i vostri collaboratori in cui, quest’ultimi, esclamavano qualcosa del tipo: «Si assume la responsabilità di quanto mi sta chiedendo di fare?». Certo che sì è la risposta lapalissiana visto che la responsabilità, in questi casi, è scontata. Per i militari, è normale assumersi la responsabilità quando si assegna un compito, si emana un ordine sia verbale sia scritto.

Qui mi riferisco alla responsabilità nel senso pieno del termine. Intendo responsabilità morale, politica, istituzionale, professionale, giuridica, patrimoniale che discende dall’essere leader ! Mi piace questa accezione della leadership intesa soprattutto come grande responsabilità che deriva dall’essere leader. L’esercizio della leadership non è una semplice posizione privilegiata come taluni credono. Il titolo di leader va conquistato faticosamente, giorno dopo giorno, meritandoselo sul campo dell’onore!

 

RISCHIO e OPPORTUNITÀ

Il rischio è normalmente associato ad una possibile situazione di pericolo, che emerge quando una crisi si manifesta.

Preferisco considerare rischio e opportunità congiuntamente, come due facce della stessa medaglia. Li considero inseparabili compagni di viaggio che troppo spesso vengono considerati e valutati in maniera disgiunta. Con una certa frequenza si assegna un’accezione negativa al rischio, ma non è così. Bisogna vedere da dove lo si osserva. Per una compagnia di assicurazione l’esistenza del rischio è la sua ragion d’essere. L’importante, ovviamente, è saperlo calcolare ed aver superato gli esami di statistica!

Ma torniamo alla definizione: che cos’è un rischio? Secondo l’ISO 31000 è l’effetto dell’incertezza sugli obiettivi da perseguire. Ai fini di questa dissertazione preferisco la definizione di rischio inteso come “probabilità che un determinato evento provochi un danno“.

Ricordiamoci però che un leader, soprattutto in situazioni di emergenze, analizza i rischi che potrebbero occorrere tenendo sempre a mente quali sono le possibili opportunità che potrebbero profilarsi all’orizzonte. Quello che è una crisi per molti, probabilmente sarà un’opportunità per qualcun altro!

Un esempio banale dei giorni nostri: la pandemia da Covid19 ha fatto la fortuna dell’industria sanitaria e dei servizi ad esso correlati! Ognuno di noi avrà in mente tanti altri esempi come questi!

 

SITUAZIONI EMERGENZIALI

Cosa dire invece delle situazioni emergenziali? Banalmente le circostanze cui bisogna far fronte a seguito di un’emergenza, di una situazione di crisi.

La crisi, a sua volta, è una seria minaccia alle strutture fondamentali, ai valori di base e alle norme di un sistema che, sotto l’urgenza e nell’incertezza, richiede che vengano prese decisioni critiche.

Avrei forse potuto tradurre meglio questa definizione ma ritengo renda bene l’idea degli elementi presenti in una crisi. Le strutture fondamentali, le norme e i valori di base di un sistema vengono minacciati in una situazione di crisi a causa dell’urgenza e dell’incertezza derivante dalla carenza d’informazioni. In tali circostanze, decisioni critiche sono necessarie.

Queste sono solo alcune delle possibili categorie di situazioni emergenziali. Non ho la pretesa di essere esaustivo. È utile avere in mente alcuni esempi di queste situazioni in quanto ci torneranno utili nel prosieguo della trattazione.

Un’altra variabile da tenere in considerazione nelle situazioni emergenziali è la durata della crisi. Parliamo di ore, giorni, settimane, mesi o anni?

Ovviamente questo ha un impatto anche sullo stile di leadership da adottare e sulle modalità organizzative della gestione della crisi.

 

TEORIA DELLA COMPLESSITÀ

La teoria della complessità ci aiuta, invece, ad inquadrare meglio una crisi. In situazioni emergenziali il sistema entra in uno stato caotico e di profonda instabilità. Il futuro del sistema è imprevedibile dato che la minima fluttuazione viene enormemente amplificata da fenomeni di feedback positivi. Ad un certo punto, una fluttuazione riesce ad imporsi sulle altre e catapulta il sistema in un nuovo stato stabile.

Grandi crisi internazionali, quali appunto quella del 1929 di Wall Street, l’attacco alle torri gemelle dell’11 settembre 2001, Tsunami e uragani, la pandemia da Covid19 sono solo alcuni esempi di come, a seguito di questi eventi, il sistema è destinato a trovare un nuovo punto di equilibrio. Questo punto ovviamente non è definibile a priori. Risponde inoltre a logiche sistemiche e non a paradigmi lineari di causa-effetto. Il leader deve conoscere la logica con cui la complessità agisce e si comporta per cercare di indirizzarla nella direzione voluta.

 

CARATTERISTICHE DELLE SITUAZIONI EMERGENZIALI

Quali sono le caratteristiche delle situazioni emergenziali?

  • C’è scarsità d’informazioni, soprattutto nelle concitate fasi iniziali
  • È avvertito da tutti il senso di urgenza di dover intervenire, di dover fare qualcosa
  • Le persone avvertono un senso di smarrimento e si aspettano risposte
  • È richiesto, anzi direi che è necessario, uno spiccato senso di collaborazione tra gli attori coinvolti
  • La crisi è sotto il tuo controllo oppure no? Ad esempio, se hai squartato la ruota della macchina a seguito di una distrazione e rischi di perdere l’aereo, ti trovi in una situazione sotto il tuo controllo in quanto puoi sforzarti di individuare soluzioni alternative che non ti faranno perdere l’aereo. Se pensi invece a un terremoto, eventuali successive scosse non sono sotto il tuo controllo perché non puoi controllarle, non dipendono da te, non sai se si verificheranno e quando eventualmente accadranno.

 

Tenteremo di definire la leadership nelle situazioni emergenziali mettendo in relazione tra loro la carrellata di definizioni appena completata.

Il leader ha la responsabilità di presenziare e guidare in prima persona le situazioni emergenziali:

  • raccogliendo le sfide che gli si presentano
  • cogliendo le opportunità e mitigando eventuali rischi connessi
  • tenendo a mente che le crisi sottendono alle logiche dei sistemi complessi e non rispondono a logiche lineari di tipo causaeffetto.

 

 

La leadership in situazioni emergenziali | stile di leadership

 

Passeremo a definire ora uno dei possibili stili di leadership da adottare in situazioni emergenziali:

  • Sii onesto e comunica chiaramente. Ammetti quello che sai e quello che non conosci. Paradossalmente questa onestà provocherà una maggiore sicurezza nelle persone invece che una minore fiducia. È importante comunicare onestamente. Sii presente nei momenti di difficoltà, il leader c’è quando c’è bisogno di lui.
  • Agisci con urgenza. Il fatto di non disporre abbastanza informazioni non ti esime dal decidere. È innaturale ma bisogna agire per avere maggiori informazioni. È molto peggio per l’intero gruppo la non azione. Ricordati che in questi momenti tutti hanno voglia di collaborare, di fare la loro parte. Basta chiedere e coinvolgerli.

Un piccolo esempio nel merito. Cosa ho fatto nei primi mesi di pandemia? Ero appena arrivato in Olanda e vivevo in un residence. Non potevo tornare dalla mia famiglia che era già rinchiusa in un appartamento a Roma. Avevo voglia di fare qualcosa per l’Italia anche se nessuno me lo aveva chiesto. Ho coinvolto i miei contatti sui canali social e sul blog personale registrando un video in cui chiedevo collaborazione e idee. Ho inviato una mail certificata alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con tutta una serie di proposte e suggerimenti per gestire al meglio l’emergenza. Questa è una prova tangibile di quanto le persone, nei momenti di crisi, vogliano collaborare.

  • Segui i tuoi valori anche nei momenti di crisi. Tieni sempre a mente il cosiddetto core business della tua organizzazione mettendolo al centro di ogni tua decisione.

Ad esempio, se sei un politico ricordati che devi gestire la cosa pubblica nell’interesse della comunità. Non scordarlo e chi ti è vicino te ne sarà riconoscente.

  • Condivide il potere discendente dalla posizione occupata. Nei momenti di crisi è controproducente accentrare i processi decisionali. Generalmente le informazioni sono nelle periferie dell’organizzazione. Se parliamo del Ministero della Difesa, queste si trovano nei reggimenti, nelle unità navali, negli stormi e nelle stazioni dei Carabinieri. Nella grande distribuzione si trovano nei punti di vendita. Nel Ministero della Pubblica Istruzione le informazioni aggiornate sono nelle scuole. E così via. Il leader deve sapere dove si colloca all’interno dell’organizzazione (centro o periferia) e far sentire importante chi è in periferia condividendo con loro il suo potere. La peggiore sensazione in una crisi è sapere di non poter aiutare, di non poter contribuire. Questo è il sentimento che provano le persone. Il leader deve far leva su questo aspetto.

  • Le decisioni prese con urgenza e in carenza d’informazioni, vanno aggiornate continuamente. Vanno riviste, rivalutate. Questa è un po’ l’idea che si cela dietro la messa in commercio di programmi informatici (i cosiddetti software). Anche i più conosciuti vengono generalmente immessi sul mercato anche se completi solo al 70/80% in modo da poterlo migliorare, con aggiustamenti successivi, proprio grazie ai feedback degli utilizzatori. In situazioni emergenziali bisogna procedere nello stesso modo. Occorre decidere nella consapevolezza che la decisione presa oggi potrebbe essere non più perfettamente efficace nei giorni a venire. Ma l’alternativa sarebbe quella di coltivare l’illusione di aspettare ancora qualche giorno per avere la decisione perfetta che non si concretizzerà mai. Questo perché, al passare del tempo, nuove informazioni saranno immesse all’interno del processo decisionale. L’intelligenza del leader risiede nel prendere le decisioni quando vanno prese. Senza voler esprimere alcun giudizio politico in merito, è esattamente quello è che stato fatto dal Governo italiano durante la pandemia quando adottava una lunga serie di DPCM con cadenza più o meno settimanale.
  • Preferire adottare una visione olistica rispetto a quella dicotomica (per chi non volesse approfondire può passare al paragrafo successivo)

 

La visione olistica / sistemica dei fenomeni si contrappone a quella dicotomica / analitica.

Questo perché la visione dicotomica, quando è chiamata ad occuparsi di fenomeni complessi, si comporta allo stesso modo delle persone bendate visibili nel disegno: la prima in alto ritiene che l’oggetto di studio sia un ventilatore, il secondo che si tratti di un muro, il terzo addirittura di una corda, il quarto ritiene sia un albero, il quinto un serpente e l’ultimo pensa sia addirittura una lancia.

Solo se tutti e 6 collaboreranno tra loro, condivideranno le informazioni di cui dispongono, approcceranno al fenomeno oggetto di studio con un’ottica olistica, sforzandosi di comprendere il problema nella sua interezza, giungeranno a capire che si tratta di un ELEFANTE!

La parabola di origine indiana dei 6 ciechi e l’elefante si presta a diverse interpretazioni. Questa è quella che ho preferito per sottolineare l’importanza dell’approccio olistico nello studio dei fenomeni complessi.

La morale della parabola è che gli esseri umani hanno la tendenza a rivendicare la verità assoluta sulla base delle loro esperienze limitate e soggettive, ignorando spesso il punto di vista delle altre persone che può essere altrettanto vero.

Altra considerazione è che preferisco usare lenti di rimpicciolimento a quelle d’ingrandimento! Pensateci, anche se persone vedenti avessero analizzato il problema utilizzando lenti d’ingrandimento, sarebbe successo qualcosa di simile.  Avrebbero infatti osservato solo alcuni particolari dell’animale!

 

  • Il leader, in situazioni emergenziali, si concentra sul futuro evitando di guardare indietro; non perde tempo facendo caccia alle streghe o ricercando eventuali colpevoli; in tempi di crisi non c’è tempo da dedicare a questi aspetti
  • Sviluppa una strategia di breve periodo, rimandando al post-crisi strategie di medio / lungo periodo; nel breve periodo ci sono solitamente vite umane da salvare, scongiurare in qualche modo l’acutizzarsi della crisi già in atto; bisogna trovare una successione di soluzioni di breve periodo senza perdere di vista l’obiettivo principe) uscire nel migliore dei modi e nel minor tempo possibile da questa crisi)
  • È empatico ed è in grado di entrare in sintonia con le persone, si sforza di mettersi nei loro panni. Consiglio l’interessantissimo saggio di Daniel Goleman proprio sull’intelligenza emotiva. Davvero un valore aggiunto per chi fosse interessato al tema.
  • Il suo fine principale è stabilizzare la situazione. È un compito fondamentale da perseguire in periodi di crisi.
  • Dovrebbe guidare e indirizzaresenza indicare come fare una cosa’ limitandosi ad indicare ‘cosa andrebbe fatto’; non si serve di disposizioni particolareggiate ma si limita a dire cosa fare dimostrandosi, nel contempo, ricettivo ad eventuali diversi suggerimenti che giungono dal basso (approfondiremo questo aspetto fondamentale con le prossime 2 diapositive)

Un’latra piccola digressione sul ‘guidare senza il come’. Chi non fosse interessato può passare al paragrafo successivo.

Avevamo fatto cenno poc’anzi di questi due differenti modi di guidare, di assegnare i compiti ai propri collaboratori.

Sopra potete vedere le classiche 5W con cui si possono assegnare compiti precisi ai membri del proprio team.

L’esplicitare o meno il come fare qualcosa ha un impatto determinante sul risultato atteso. Una parte della mia tesi di dottorato verteva proprio su questo tema.

Ho condotto un centinaio di interviste con cui chiedevo di utilizzare i mattoncini Lego in figura per realizzare un cubo.

 

Nel primo esperimento definito AUFTRAGSTAKTIK si chiedeva di realizzare un cubo utilizzando i mattoncini posizionati sul tavolo (con un’approssimazione di 0,5 cm)

QUANDO: inizia appena ruoto la clessidra

PERCHÈ: per mettere alla prova la tua capacità realizzativa

SCOPO: far comprendere all’intervistato il significato di Auftragstaktik

 

Nel secondo esercizio, che ho definito direzione particolareggiata si chiedeva invece di realizzare un cubo utilizzando tutti i mattoncini che hai sul tavolo.

In particolare si chiedeva di realizzare un cubo con 6 “unità mattoncini” per lato avendo cura di realizzare ogni piano di un medesimo colore (dal basso verso l’alto GIALLO, MARRONE, ROSSO, VERDE e NERO). Il cubo deve essere pieno e deve poter essere sollevato senza che nessun pezzetto cada (vedi foto)

SCOPO: far comprendere all’intervistato il significato di direzione particolareggiata

 

Per chi volesse saperne di più sui risultati di questa ricerca può consultare il seguente saggio:

Leo Ferrante, Innovazione e creatività: quale modello organizzativo e stile di leadership adottare? Proposta di applicazione all’interno del sistema di informazione per la sicurezza della repubblica, Casa Editrice Il Filo di Arianna, La Spezia, 2020

 

Dopo questo approfondimento sui comportamenti dei leader in situazioni emergenziali, vi lascio a questo interessantissimo e breve TEDx in lingua inglese di Amy C. Edmondson.

 

 

 

 

La leadership in situazioni emergenziali | il post emergenza

 

Dopo aver definito e analizzato le sfide in situazioni emergenziali, passiamo ora ad occuparci del post emergenza. Cosa cambia rispetto alle situazioni emergenziali? Cosa c’è di diverso? Cosa di simile?

Possiamo affermare che la scarsità d’informazioni, il senso di urgenza e di smarrimento particolarmente accentuati nella fase emergenziale tendono via via ad affievolirsi man mano che ci allontaniamo dalla crisi e ci spostiamo nel post emergenza.

Rispetto a quelle individuate nella fase di crisi, mi sento di aggiungere queste 4 caratteristiche importanti nel post emergenza:

  • dopo ogni crisi è solitamente necessario ripensare e cambiare i modelli utilizzati e consolidatisi in precedenza. La situazione, i presupposti sono cambiati bruscamente e dobbiamo necessariamente aggiornare / adattare / riformare / ripensare i modelli precedenti; vanno quantomeno rimessi in discussione!
  • l’esistenza di frizioni tra il settore pubblico e privato si acuiscono; al primo si chiede di modificarsi, di aggiornarsi per rispondere prontamente all’esigenza del settore privato aiutandolo a ripartire e risollevarsi dirigendosi, molto probabilmente, lungo nuove ed inesplorate direttrici
  • come avevamo menzionato, durante e dopo le crisi ci sono tante opportunità da cogliere; bisogna sforzarsi di arrivare prima degli altri; dobbiamo scrollarci di dosso quel provincialismo tipicamente italiano del piangersi addosso o di aspettarsi aiuti dall’esterno; dobbiamo lasciare spazio alla nostra capacità creativa di individuare nuove soluzioni, nuove opportunità e cavalcarle; dobbiamo anticipare gli altri per ottenere il maggior numero di vantaggi competitivi nei più disparati settori
  • permangono lo stato di ansia e l’incertezza sul futuro, anche se la situazione ora è via via meglio definita e si presenta un po’ più chiara del periodo precedente. A onore del vero, questa non è una caratteristica aggiunta, ma è qualcosa di ereditato, seppur in forma diverse, dal precedente stato di crisi

 

Il leader, nella gestione del post emergenza, deve:

  • Essere empatico soprattutto verso le categorie più colpite dalla crisi ed avere una mente aperta per non precludere alcuna possibilità futura. Ne avevamo parlato anche riferendoci al periodo di crisi
  • Deve preferire l’approccio multidisciplinare alla risoluzione del problema creando gruppi completamente disomogenei proprio per favorire la diversità all’interno dei gruppi di lavoro (ricordate la metafora dei 6 ciechi e dell’elefante?); favorisce la diversità e ricerca diversità all’interno del proprio gruppo di lavoro, nella propria organizzazione; la diversità è un valore aggiunto soprattutto in periodi tempestosi e quando c’è bisogno di cambiare
  • Ripensare e riscrivere le regole. Questo è ciò che solitamente avviene nel post crisi proprio perché, come spesso si afferma, niente o quasi sarà come prima (riferendosi al pre-crisi). Per questo sono necessari leader del cambiamento in queste situazioni, leader in grado di alimentare, di stimolare questo cambiamento necessario. Cerca di capire le cause che hanno determinato la crisi e cerca di trarne insegnamenti utili per tutta la sua organizzazione

  • Guidare il cambiamento con determinazione altrimenti l’organizzazione rischierebbe di morire. Ricorda cosa diceva Darwin: (“Non è la specie più forte o la più intelligente a sopravvivere, ma quella che si adatta meglio al cambiamento.” … Le specie che non si adattavano all’ambiente si estinguevano. Non solo l’essere animale si adatta o ha un istinto di sopravvivenza, anche l’essere umano cerca di adattarsi all’ambiente dove si trova oggi
  • Cogliere le opportunità che si sono materializzate e deve saper interpretare i segnali deboli perché è proprio da questi che si intravedono le nuove opportunità. I segnali deboli, in quanto tali, sono difficili da scovare e attribuire loro la giusta importanza. «Col senno di poi son piene le fosse.» proprio a significare che la previsione del passato è semplice per coloro che, dopo un determinato avvenimento, dicono quello che si poteva o non si doveva fare. L’espressione proverbiale indica ugualmente la “capacità di valutare un evento, una situazione solo a posteriori quando ormai è troppo tardi ed è del tutto inutile“.

 

Prima di continuare congediamoci il piacere di guardare tre minuti e mezzo del grande argentino Julio Velasco in un celebre video “Gli schiacciatori NON parlano dell’alzata, la risolvono“.

 

  • Possedere lungimiranza strategica per prepararsi al futuro. Qui servono piani di medio e lungo periodo. Il modello di pianificazione operativa è un validissimo strumento per immaginare come muovere temporalmente da una situazione inaccettabile (la crisi) verso una situazione accettabile nel post-emergenza. È un po’ l’idea che sottende al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza
  • avere determinazione e coraggio nel fare scelte possibilmente prima degli altri e meglio dei propri competitor. Nella maggior parte dei casi il modello pre-crisi non è più sostenibile, probabilmente è anche una delle concause della crisi. Quindi il leader deve essere coraggioso e determinato nel comunicare la necessità di cambiare, di ristrutturare. Deve convincere quante più persone possibili per ricevere il necessario aiuto per attuare il cambiamento desiderato. Deve essere in grado di presentare questo cambiamento come inevitabile e combattere la resistenza al cambiamento convincendo gli indecisi
  • immaginare il futuro e comunicare chiaramente qual è la sua visione del futuro. L’alternativa è fallire come organizzazione, come azienda, come stato, se non si riesce ad immaginare un futuro

  • Orientare ansia e incertezza sul futuro indirizzandole verso la visione che sta immaginando e tentando di costruire
  • Credere e investire nelle auto-organizzazioni in quanto modello particolarmente adatto ad innovare, ad immaginare il futuro (anche qui ci sarebbe tanto da dire). Vi mostrerò un paio di diapositive a seguire proprio per dire qualcosa in più su questo modello organizzativo
  • La creatività e il pensiero laterale sono il pane quotidiano nel post-emergenza. Bisogna immaginare soluzioni mai adottate in precedenza e tentare di immaginare il futuro

 

 

La leadership in situazioni emergenziali | quale modello organizzativo nel post-emergenza?

 

Quale modello organizzativo adottare nel post-emergenza?

Io trovo i modelli auto-organizzativi più adatti a gestire situazioni che per definizione sono indefinite.

Nelle prossime diapositive parlerò delle principali pratiche manageriali e principi ispiratori che lo contraddistinguono.

Si tratta di un modello generale, destrutturato per definizione, caratterizzato da ridotta formalizzazione, in cui si fa scarso ricorso a regole e procedure e in cui le persone godono di un’ampia autonomia decisionale, in cui i ruoli non risultano definiti e stabili nel tempo.

Il leader in questi casi assurge al ruolo di catalizzatore che non sarà chiamato a dirigere, coordinare e controllare secondo la concezione classica del comando e controllo ma, dovrà ispirare e indicare al gruppo la direzione verso cui muovere nella consapevolezza che avrà bisogno dell’aiuto di tutti per orientare la bussola e capire verso quale direzione bisogna muovere.

 

 

La leadership in situazioni emergenziali | pratiche manageriali comuni alle auto-organizzazioni

 

Farò ora una rapida carrellata delle pratiche manageriali comuni alle auto-organizzazioni nella consapevolezza di non voler e poter essere esaustivo. Partendo dalla prima:

  • job enrichment / enlargement / rotation: intesa come assunzione da parte del lavoratore di nuovi compiti che prevedono sempre maggiori responsabilità; che prevede ricopra nuove e diverse mansioni; che vi sia una rotazione degli incarichi
  • delega diffusa: di potere e autorità a tutti i livelli dell’organizzazione
  • deregulation: ovvero eliminazione o semplificazione dei regolamenti interni che disciplinano le varie attività
  • riduzione dei livelli gerarchici con logiche sia top-down che bottom-up
  • stretta vicinanza tra i centri e le periferie dell’organizzazione
  • decision making partecipativo: inteso come processo che porta alle decisioni con la partecipazione del maggior numero di persone possibile
  • networking: vale a dire la creazione di una vasta rete formale e informale di conoscenze
  • guidare senza il come: mi limito a ricordare che si tratta di una filosofia fondata sull’iniziativa estesa fin ai minimi livelli, basata sulla fiducia reciproca, sulla creazione di sentimenti condivisi, sull’emanazione di ordini basati sul “COSA FARE” lasciando la libertà di scegliere il “COME FARE” a coloro che li ricevono e che devono agire. NO alla cultura dell’O, intesa come si fa questo O si fa quello; alla cultura faccio questo e, provo a fare anche quello

Oltre alle citate pratiche manageriali alla base delle auto-organizzazioni ci sono anche i seguenti principi ispiratori:

  • interconnessione: formale e informale tra tutti coloro che fanno parte dell’organizzazione
  • ridondanza: vale a dire che, entro certi limiti, “tutti devono imparare a fare tutto” per avere un alto grado di intercambiabilità tra le risorse umane e per accrescere la resilienza dell’organizzazione
  • condivisione: ovvero l’esistenza di un sistema culturale fondato su valori comuni
  • riconfigurazione continua della struttura organizzativa originaria per essere sempre al passo con i tempi
  • minimo di regole per lasciare la più ampia libertà di pensiero possibile e non escludere a priori soluzioni che si riveleranno percorribili

 

 

La leadership in situazioni emergenziali | un pizzico di creatività e pensiero laterale

 

Ora faremo un breve cenno alla creatività e al pensiero laterale.

Osservate il significato di creatività, invenzione (ad esempio, il mono pattino elettrico) e innovazione (creare l’IPhone senza tastiera a tutto schermo) nella prossima diapositiva!

Non ci può essere creatività senza pensiero laterale. E il pensiero laterale riesce benissimo nello stimolare la creatività. Per descrivere meglio questi concetti mi sono rivolto al maltese padre fondatore del pensiero laterale: Edward De Bono.

 

PENSIERO VERTICALE VERSUS PENSIERO LATERALE[1]

Edward De Bono è la massima autorità mondiale nel campo del pensiero creativo. I suoi studi mostrano come poter superare i processi mentali basati sul solo pensiero verticale, meglio conosciuto come pensiero razionale o logico deduttivo.

Primariamente De Bono sottolinea come il pensiero verticale e quello laterale siano complementari tra loro. Il pensiero verticale è insegnato ampiamente in tutte le scuole di ogni ordine e grado e si attiva quando c’è una precisa direzione verso cui convergere.

I processi del pensiero laterale e verticale sono del tutto distinti. Non si tratta di dire quale sia il più efficace, sarebbe fuorviante oltre che essere un grave errore. Entrambi sono assolutamente necessari. La bravura sta nel saper individuare le caratteristiche salienti di entrambi e usarli in maniera selettiva, sulla base della specifica situazione da affrontare.

Tanto per essere chiari, il pensiero razionale si basa sulla logica mentre il pensiero laterale si fonda sul pensiero e sulle idee, opera al di fuori della ragione.

Come per tutte le scienze anche per familiarizzare ed impiegare il pensiero laterale serve esercitarsi. È lo stesso che abbiamo fatto per anni nelle scuole con il pensiero verticale. Perché non prevedere l’insegnamento del pensiero laterale anche nelle scuole e negli istituti di formazione?

 

Prendiamo ad esempio il problema dei 9 punti. Questo prevede appunto di unire tutti i nove punti presenti in figura  tracciando il minor numero possibile di linee rette, ottenute senza mai staccare la matita dal foglio. L’enunciazione di questo problema implica la determinazione dei veri confini del problema stesso. Questo esempio è cruciale per comprendere quanto sia importante possedere la capacità di determinare i confini di un problema per giungere alla sua soluzione.

Il problema dei “9 PUNTI” ammette diverse soluzioni. Per trovarle è necessario sfruttare l’emisfero destro del nostro cervello, facendo ampio ricorso al pensiero laterale. Alla base di questi problemi vi è l’esistenza di un cliché, di un luogo comune, di un modo stereotipato di descrivere o considerare qualcosa. Sovente, nel risolverli, siamo soliti assegnarci più vincoli di quelli che effettivamente ci sono. La maggior parte di coloro che si cimenta, per la prima volta, nella risoluzione di questo rompicapo si ‘auto vincola’, convincendosi di non poter uscire dai confini immaginari ottenuti unendo gli 8 punti più esterni. Ciò accade molto più spesso di quanto possiamo immaginare!

La soluzione ovvia ed immediata che sarà venuta in mente a molti è quella che prevede l’utilizzo di 5 linee. Qui si fa ricorso al solo pensiero verticale, lasciandosi guidare dalla logica e dalla razionalità.

Se volete conoscere altre soluzioni a questo problema, vi invito a leggere questo articolo: Pensiero laterale: il “dilemma della candela” nonché le risposte ai problemi precedenti.

 

La leadership in situazioni emergenziali | e quindi?

 

Grazie ad una delle mie deformazioni professionali, ogni qual volta giungo al termine di una presentazione, sono solito chiedermi “QUINDI COSA?” … il cosiddetto ‘SO WHAT‘.

Nella diapositiva seguente riassumo il pensiero sulla leadership e sui modelli organizzativi da adottare in periodo di crisi e di grande indeterminatezza!

Nella colonna del + (PIÙ) cosa il leader deve sforzarsi di fare, a cosa deve dare maggiore impulso.

Nella colonna di destra, contraddistinta dal segno – (MENO), cosa invece andrebbe fatto con minore enfasi!

Ecco quindi come rappresenterei io le situazioni emergenziali!

Ora mi permetto di chiedervi di lasciare qualcosa … non solo a me … ma anche a tutti i lettori che beneficeranno dei vostri commenti!

 

 

Ora tocca a voi lettori far sentire le vostre idee …

Vi chiederei di inviarmi 3 semplici risposte:

  1. Cosa vi è piaciuto in questa conferenza?
  2. Cosa vi è piaciuto meno o non vi è piaciuto affatto?
  3. Ditemi quello che vi pare

È stata una maratona, ma voglio credere che ne sia valsa la pena!

Grazie di cuore a tutti voi!

 

 

 

LIBRI CONSIGLIATI SUI PRINCIPALI TEMI TRATTATI