Oltre alla leadership, la complessità si colloca a pieno titolo tra i temi a me più cari. Mi sono fortemente interessato a questo tema negli ultimi anni. Ho dedicato un capitolo della mia tesi di dottorato alla complessità. Oggi giorno siamo immersi nella complessità e chi è chiamato a guidare collaboratori nel lavoro, nello sport e nella vita, deve sforzarsi di comprendere questo fenomeno nella sua interezza per riuscire, in qualche modo, a governarlo.
Di qui l’idea di scrivere questo articolo introducendoci ai sistemi complessi.
GENERALITÀ
“Sarebbe ingenuo pensare che i problemi che affliggono oggi l’umanità possano essere risolti con i mezzi e i metodi che sono stati applicati o apparivano funzionare nel passato.” Michail Sergeevich Gorbachev
Ancora oggi tra gli studiosi della complessità ci sono divergenze tra chi la vede come un’utile metodologia interdisciplinare e chi, invece, seguendo le orme di Henri Bergson, ritiene che l’evoluzione sia governata da un’unica legge descrivibile attraverso una teoria fisica[1]. La scommessa di molti fautori della complessità è cercare delle costanti che accomunano quest’affascinante fenomeno, un principio ordinatore comune. Tale approccio è stato avviato da Ilye Prigogine[2] che ha teorizzato in che modo evolvono questi sistemi: fondato su biforcazioni, cioè su scelte che il sistema compie in maniera del tutto aleatorio determinandone la direzione.
Negli ultimi anni la parola ‘complessità[3]’ è stata sovente utilizzata, in maniera approssimativa, per riferirsi a fenomeni riconducibili talvolta al termine ‘complicato’, in taluni altri ai termini ‘confuso’ o ‘difficile’. Ciò è dovuto al fatto che, il più delle volte, si associa la parola ‘complessa’ a quei problemi non risolvibili con altrettanta facilità. In altre circostanze, invece, a una serie di ostacoli posti lungo la strada che conduce alla risoluzione di un problema.
Come si vedrà più avanti, è importante tenere ben distinti questi termini, proprio perché riferiti a situazioni totalmente diverse tra loro. Anticipando quanto sarà trattato in maniera più approfondita nel prossimo paragrafo, alcuni esempi potranno da subito chiarire ciò che s’intende dire quando si ricorre al termine ‘complicato’, ‘confuso’ o ‘difficile’.
Nel caso di un problema ‘complicato’ s’intende mettere in ordine una questione. Per leggere il contenuto di un foglio appallottolato, ad esempio, occorre un po’ di calma per distendere il foglio, fino al punto che diventi leggibile. Lo stesso vale per problemi ‘intricati’ o ‘difficili’. Ad esempio il caso di un filo aggrovigliato. Per venirne a capo servirà sciogliere un nodo dopo l’altro.
Un problema ‘confuso’ invece presenta una serie di elementi a prima vista indistinguibili. Ad esempio, è il caso dei liquidi miscelati tra loro. Per separare tali liquidi occorrerà ricorrere, magari, alla distillazione.
Ma la complessità è tutt’altra cosa. È come avere in mano un pregevole tappeto antico. Per comprenderlo appieno, si è tentati di seguire strade note, in altre parole affrontare la questione facendo ricorso all’approccio analitico. In questo caso si dovrebbero sciogliere i nodi riducendo il tappeto a un insieme ordinato di fili. Peccato però che così facendo perdiamo l’oggetto del nostro interesse. I problemi complessi hanno la sgradevole proprietà di scomparire quando portati a livelli di analisi più semplici. Sembrano possedere una natura bizzarra, non sono né obbedienti né tranquilli. In due parole: sono imprevedibili[4].
Occorre a questo punto intendersi su cosa è la complessità. Sistemi complessi sono il clima terrestre, un batterio, la cultura di un popolo, il ‘Sistema di Informazione per la Sicurezza della Repubblica’, i mercati azionari, la Comunità Internazionale, i formicai e, perché no, persino un gruppo di amici. In quest’ultimo caso, ad esempio, nonostante ci si conosca bene a vicenda, non si sarà in grado di prevedere esattamente quali conversazioni emergeranno nel corso di una cena, poiché le variabili e le interazioni sono innumerevoli già dai piccoli gruppi. Non va trascurato infine che anche l’uomo, porta con sé il sistema più complesso e meraviglioso che si conosca: il cervello umano. Nonostante tali sistemi siano così diffusi, non se ne ha un’approfondita conoscenza. Chiunque abbia maturato esperienze di responsabilità all’interno di organizzazioni complesse, ha provato sulla sua pelle quanto sia duro e imprevedibile gestirle. La complessità va gestita con competenza, consapevolezza e attenzione, sebbene sovente presenti i tratti di una missione impossibile. Si vedrà nel corso del capitolo come comprenderla, come riuscire a studiarla e, financo, gestirla.
Prima di procedere nello studio presentato è opportuno precisare un aspetto decisivo per chi intende saperne di più sui sistemi complessi. La razionalità, pur essendo uno dei fattori che domina il comportamento dell’uomo, non sempre va considerata come fattore dominante. Tante teorie elaborate sul comportamento dell’uomo muovono dall’assunto che esso sia un essere razionale. Ciò, evidentemente, non è molto realistico. È proprio questo il difetto principale delle scienze sociali e delle scienze del comportamento, perché si tende sempre a considerare la razionalità dell’uomo quale premessa di ogni successivo ragionamento. Quando si ha a che fare con sistemi complessi, valgono le stesse considerazioni. Pur talvolta essendo necessario ricorrere ad alcune semplificazioni, va tenuto a mente che, nella comprensione e nella teorizzazione dei fenomeni complessi, la presunta razionalità dell’individuo e l’eccessiva semplificazione possono indurre il ricercatore a trovare teorie non efficaci e pienamente valide[5].
DEFINIZIONE E FUNZIONAMENTO
“Se si potesse definire la complessità in maniera chiara, ne deriverebbe evidentemente che il termine non sarebbe più complesso.” Edgar Morin[6]
Per descrivere e definire il funzionamento della complessità, è necessario inquadrare preliminarmente la nozione di sistema, proprio perché occupa un posto assolutamente centrale all’interno della complessità. La definizione di sistema fornita da Bertalanffy nel 1945 recita testualmente: “un sistema può essere definito come un complesso di elementi interagenti. Interazione significa che gli elementi ‘p’, sono connessi da relazioni ‘R’, in modo che il comportamento di p in R è differente da quello che sarebbe il suo comportamento rispetto a un’altra relazione ‘R’”[7]. Dall’analisi di questa definizione si evince, in primo luogo, che un sistema prevede una pluralità di elementi, anche se non è chiaro quanti ne siano necessari per giungere a definirlo tale. In secondo luogo, questi elementi sono in relazione tra loro. Infine, i comportamenti che scaturiscono da queste relazioni, determinano altrettanti differenti comportamenti, secondo i diversi elementi che entrano in relazione. Si tratta di una definizione astratta che ha tuttavia il merito di evidenziare le condizioni sistemiche nell’accezione attuale del termine. Pur risalenti alla metà del secolo scorso, tali condizioni non sono ancora entrate a far parte, a pieno titolo, delle scienze manageriali e organizzative[8].
Significativa è l’affermazione suggerita dal filosofo francese Edgar Morin: “un sistema è nel contempo qualcosa di più e qualcosa di meno di quella che potrebbe venir definita la somma delle sue parti. In che senso è qualcosa di meno? Nel senso che l’organizzazione[9] impone dei vincoli che inibiscono talune potenzialità che si trovano nelle varie parti. E questo accade in tutte le organizzazioni, comprese le organizzazioni sociali nelle quali i vincoli giuridici, politici, militari, economici e di altro genere fanno sì che siano inibite e represse molte delle sue potenzialità. Ma nel contempo il tutto organizzato è qualcosa di più della somma delle parti, perché fa emergere qualità che senza una tale organizzazione non esisterebbero. Sono qualità emergenti, nel senso che sono constatabili empiricamente ma non deducibili logicamente”[10]. Anche all’interno di un gruppo di persone si può apprezzare lo stesso fenomeno evidenziato dal filosofo francese. Gli infiniti gradi di libertà del comportamento degli individui sono drasticamente ridotti e sono ‘asserviti’ al comportamento emergente del livello gerarchico superiore, ovvero al gruppo[11]. Il sistema è qualcosa in più delle singole parti considerate separatamente: la sua organizzazione e le nuove qualità emergenti dal sistema stesso sono i fattori che differenziano dalla mera unione delle parti che lo costituiscono. Si pensi, ad esempio, a tutte le parole che compongono una frase di senso compiuto. Insieme e in quell’ordine hanno un significato di gran lunga diverso rispetto al significato delle singole parole[12].
Torna particolarmente utile ricordare in questa sede il ‘principio di antagonismo sistemico’ che aggiunge importanti tasselli nella comprensione dei sistemi: “L’idea di sistema non è così soltanto armonia, funzionalità, sintesi superiore; essa porta in se, di necessità, la dissonanza, l’opposizione, l’antagonismo. Ogni sistema la cui organizzazione è attiva, è in realtà un sistema in cui sono attivi degli antagonismi, l’organizzazione tollera un margine di fluttuazioni le quali, se non fossero tenute di sotto a una certa soglia, si svilupperebbero con esiti disintegratori. L’organizzazione attiva mette così in relazione in maniera complessa e ambivalente la complementarità e l’antagonismo. A ogni crescita di complessità nell’organizzazione corrispondono nuove potenzialità di disorganizzazione. L‘unica possibilità di lottare contro l’effetto disintegratore degli antagonismi è attiva; per esempio integrare e utilizzare gli antagonismi il più possibile in maniera organizzazionale[13].”
Il grado d’imprevedibilità che circonda il mondo deriva dall’insufficienza dei sensi e degli strumenti che l’uomo ha a disposizione: si è in grado di raccogliere solo una minima parte dell’informazione sull’universo teoricamente disponibile e, inoltre, si parte da una situazione di svantaggio dovuta ai limiti cognitivi. Ne consegue, quindi, un’incapacità innata nel dare un senso alle cose che provocano timore, cosicché si tende a dare al mondo (e persino a fatti e fenomeni del tutto accidentali) un ordine artificiale basato su falsi principi causali. Così facendo ci si confronta con un’illusione di prevedibilità e addirittura di padronanza. Si pensa che si possa dominare il mondo appellandosi alle forze immaginarie che ci si è inventati da sé. “La negazione di vere regolarità e l’imposizione di false regolarità sono dunque le due facce della stessa medaglia. Non solo l’uomo è esposto a entrambi gli errori, ma questi per lo più si presentano assieme e si sostengono reciprocamente”[14]. I sistemi complessi adattivi sono tutt’altro che chiusi, molte pressioni selettive giungono dall’esterno del sistema stesso. Tipico esempio è il processo che sottende all’evoluzione delle lingue. Quando popolazioni di lingue diverse vengono a contatto, è possibile che nel giro di qualche generazione una lingua esca dalla scena e l’altra, più o meno modificata, sopravviva. Ciò non dipende dall’efficacia comunicativa della lingua considerata, bensì da fattori quali potenza militare della popolazione che la usa e dai suoi risultati culturali. In definitiva è il risultato di pressioni selettive extra-linguistiche[15].
A questo punto, inteso il significato di sistema, occorre fare un altro passo avanti nel viaggio che condurrà alla comprensione della complessità, definendo le varie tipologie di sistema individuate dalla teoria:
- I sistemi semplici sono tali perché possono essere compresi avvalendosi di una logica di causa – effetto, facendo cioè ricorso al cosiddetto paradigma lineare o scientifico. Si tratta cioè della tradizione scientifica più diffusa in Occidente. I tratti essenziali dell’approccio analitico possono essere schematizzati come segue. Ogni sistema è studiato decomponendolo in parti elementari ed esaminandole separatamente. Si accetta generalmente l’ipotesi che le relazioni causa-effetto tra tutti gli elementi siano unidirezionali, intendendo che sia sempre possibile stabilire quale elemento influenza l’altro. Si è soliti accettare delle congetture sulla base dell’ipotesi ceteris paribus, ovvero si provocano dei cambiamenti a una sola variabile di volta in volta, mantenendo tutto il resto costante. Si accetta, in tal modo, l’idea che il comportamento globale del sistema si ottenga mediante la somma dei comportamenti dei singoli elementi / variabili. Riguardo alle previsioni sul comportamento del sistema, ci si affida solitamente alle serie storiche, nell’ipotesi che le cose continueranno ad andare allo stesso modo in cui sono andate in passato. Il sistema viene di solito considerato come un ‘sistema chiuso’[16], senza tenere conto delle sue interrelazioni con l’esterno. Di qui emerge la conseguenza che nei sistemi semplici tutto è prevedibile. Tali sistemi, come ricordato, sono rappresentabili come una logica conseguenza di cause ed effetti lungo una linea retta. Il sistema è semplice da comprendere, facile da controllare dal punto di vista matematico e reversibile rispetto allo scorrere del tempo. Nel mondo materiale, il meccanismo ‘causa – effetto’ è un principio evidente che accompagna l’uomo moderno fin dalla prima infanzia, da quando è avviato all’istruzione scolastica. Con l’accumularsi delle esperienze, ci si convince che a ogni azione corrisponda un effetto, una reazione che spesso è prevedibile. Se si rovescia il piatto contenente la minestra, questa si riverserà sul tavolo e probabilmente bagnerà chi si trova nei dintorni. Anche il ‘colpire una palla da biliardo o un pallone’ risponde a questa logica e sono da considerarsi sistemi semplici.
«Sapremmo assai di più della complessità della vita se ci fossimo applicati a studiare con determinazione le sue contraddizioni, invece di perdere tanto tempo con le identità e le coerenze, le quali hanno il dovere di spiegarsi da sole.» José Saramago
- I sistemi si dicono complessi quando esistono interazioni forti tra i suoi elementi, in modo che gli eventi presenti influenzino pesantemente le probabilità che si verifichino molti eventi successivi[17]. A loro volta determinano un comportamento finale che non è la semplice somma dei vari elementi che lo compongono, ma è frutto della loro continua interazione. I processi che li costituiscono sono solitamente ridondanti e connessi in parallelo[18]. Si contraddistinguono per una dinamica non lineare o sistemica e, pertanto, non seguono la logica del paradigma lineare o scientifico cui rispondono i sistemi semplici analizzati poc’anzi. Non sono prevedibili, organizzabili e soprattutto non lo è la loro efficienza. Un sistema complesso può essere analizzato con un approccio sistemico o system thinking e può essere schematizzato come segue. Ogni sistema è studiato collegando gli elementi in una visione d’insieme, concentrandosi sulle interazioni. Gli elementi che costituiscono il sistema sono esaminati congiuntamente. Si considerano generalmente gli effetti delle interazioni tra tutti gli elementi, tenendo bene a mente che tali interazioni sono ‘non lineari’, non seguono cioè la semplice logica unidirezionale di causa – effetto. Nei sistemi complessi non si accettano congetture basate sull’ipotesi ceteris paribus, s’interviene simultaneamente su interi gruppi di variabili, concentrandosi sulle sinergie. È accettato, in tal modo, il concetto che il comportamento globale del sistema si ottenga studiando gli elementi e le variabili che lo costituiscono nella sua interezza. Il sistema viene, di solito, considerato quale ‘sistema aperto’[19] e, per essere compreso, occorre tenere conto delle sue interrelazioni con l’esterno. La constatazione che emerge con forza è che i sistemi complessi non sono prevedibili. Nel mondo vivente, le cose sono molto più complesse di quanto possano apparire. Ad esempio, si considerino le azioni del ‘dare un calcio a una palla e ad un cane’. Mentre l’effetto sulla palla è del tutto prevedibile, l’effetto sul cane non lo è. Ciò è dovuto al fatto che gli esseri viventi hanno un margine di libertà nella loro reazione proporzionalmente alla complessità del loro sistema nervoso. Il primo esempio, ‘dare un calcio a una palla’, ben rappresenta e sintetizza il ‘paradigma lineare o scientifico’: l’effetto di quest’azione risulta prevedibile proprio perché la palla, a causa del calcio, inizierà a muoversi. Viceversa, diversi ricercatori hanno dimostrato che il paradigma lineare, non è sufficiente per spiegare il comportamento sistemico. Anzi, applicandolo a un sistema complesso, può addirittura causare diversi problemi o vere e proprie incomprensioni. Il mondo oggi è veramente complesso e, per essere compreso, è necessario adottare strumenti di analisi dedicati e, perché no, modelli auto-organizzativi che li possano adeguatamente interpretare. Ci si riferisce ad esempio alla dinamica dei sistemi (system dynamics) e al pensiero strategico (parallel thinking o system thinking[20]), strumenti di analisi e di pensiero concepiti proprio per comprendere e gestire la complessità.
«Ho cercato, non so con quanto successo, di redigere racconti lineari. Non mi azzarderò a dire che sono semplici; sulla terra c’è una sola pagina, una sola parola che lo sia, giacché tutte postulano l’universo, il cui attributo più noto è la complessità.» Jorge Luis Borges
- I sistemi complicati, infine, sono costituiti da un insieme di elementi, interrelati a livello meccanico, il cui funzionamento risulta prevedibile e organizzabile. Per semplificare al massimo, si può affermare che un sistema complesso è qualcosa di più di un sistema semplice. È evidente che il cervello umano è qualcosa in più di un software per computer, anche se dotato di un processore dell’ultima generazione. La differenza fondamentale è che il sistema complicato, rispetto a quello complesso, è prevedibile quando sono noti tutti gli elementi che lo compongono e le relazioni che legano tra loro questi elementi. Ad esempio, il comportamento di un satellite, di un orologio, di un motore di carro armato o di aereo sono prevedibili salvo errori di calcolo o difetti tecnici di funzionamento.
«Il futuro sarebbe molto semplice se l’evoluzione dipendesse da un fattore dominante e da una causalità lineare.» Edgar Morin
Per chi volesse saperne di più sulla complessità, oltre all’ampia bibliografia già indicata, consiglio la lettura di un capitolo del mio secondo saggio dedicato a questo tema[21]!
[1] Villani, Giovanni, Complesso e organizzato. Sistemi strutturati in fisica, chimica, biologia ed oltre, FrancoAngeli, Milano, 2015, pag. 38.
[2] Prigogine, Ilya e Stengers, Isabelle, Order out of Chaos, Bentam Books, New York, Italia, 1984.
[3] COMPLESSITÀ
“La complessità è la descrizione dettagliata delle interazioni tra gli elementi di un sistema e tra il sistema e il suo ambiente, piuttosto che la descrizione meramente funzionale dei costituenti del sistema astratti dalle loro relazioni con l’ambiente. Quando viene applicato alle scienze sociali questo approccio consente di sviluppare nuovi modi di pensiero analitico per i processi sociali e le organizzazioni complesse. Equipaggiati di una più ampia comprensione di tali situazioni e muniti degli strumenti appropriati, possiamo contribuire alla riprogettazione dei sistemi organizzativi e sociali complessi allo scopo di raggiungere una maggiore efficienza e sicurezza.”
Francesco Trombetta, prefazione di Ada Becchi, Il glossario dell’auto-organizzazione. Economia, società e territorio, Donzelli Editore, Roma, 2004, pag. 28.
[4] Stefano Castelli, Gestire la complessità. Modelli di simulazione e decisioni manageriali, Pearson Italia, Milano Torino, 2013, pagg. VII – IX.
[5] Murray Gell-Mann, Il quark e il giaguaro. Avventura nel semplice e nel complesso, Bollati Boringhieri, Torino, 2017, pag. 336.
[6] https://www.festivalcomplessita.it/materiali/archivio/edizione-2013/ (accesso effettuato il 22/03/2021).
[7] Ludwig Von Bertalanffy (1968), tr. it. Teoria generale dei sistemi. Fondamenti, sviluppo, applicazioni, Istituto Librario Internazionale, Milano, 1971, pag. 97.
[8] Stefano Castelli, Gestire la complessità. Modelli di simulazione e decisioni manageriali, Pearson Italia, Milano Torino, 2013, pagg. 1 – 3.
[9] ORGANIZZAZIONE
“Le organizzazioni sono lette da Bertalaffy come sistemi aperti capaci di apprendimento e introduzione / creazione di nuova informazione. Rispetto al maggiore o minore grado di dipendenza gerarchica tra i vari livelli di un’organizzazione Simon osserva cautamente che non si tratta mai di una situazione binaria, gerarchia versus autonomia, bensì di una scala graduata. Anche questa consapevolezza è importante nello studio e progettazione dei sistemi artificiali che non possono mai rinunciare a uno dei due meccanismi, senza perdere funzionalità preziose. È il mix che va tarato con accuratezza.”
Francesco Trombetta, prefazione di Ada Becchi, Il glossario dell’auto-organizzazione. Economia, società e territorio, Donzelli Editore, Roma, 2004, pag. 72.
[10] Edgar Morin, Le vie della complessità, in Bocchi G., Cerruti M. (a cura di), La sfida della complessità, Feltrinelli, Milano, 1994, pag. 51
[11] Alberto Gandolfi, Formicai, imperi, cervelli. Introduzione alla scienza della complessità, Bollati Boringhieri, Torino, 2008, pag. 40.
[12] Villani, Giovanni, Complesso e organizzato. Sistemi strutturati in fisica, chimica, biologia ed oltre, FrancoAngeli, Milano, 2015, pagg. 40-47.
[13] Villani, Giovanni, Complesso e organizzato. Sistemi strutturati in fisica, chimica, biologia ed oltre, FrancoAngeli, Milano, 2015, pag. 47.
[14] Murray Gell-Mann, Il quark e il giaguaro. Avventura nel semplice e nel complesso, Bollati Boringhieri, Torino, 2017, pag. 314.
[15] Murray Gell-Mann, Il quark e il giaguaro. Avventura nel semplice e nel complesso, Bollati Boringhieri, Torino, 2017, pag. 336.
[16] SISTEMA CHIUSO
“Sistema per il quale non si danno flussi né in entrata né in uscita, isolato rispetto a ciò che lo circonda. Sistema in cui si possono rintracciare condizioni necessarie e sufficienti per uno stato o evento x qualsiasi. I sistemi chiusi in realtà sono molto rari nell’esperienza umana, e praticamente non esperibili e conoscibili per definizione, poiché se ci sono sistemi completamente chiusi attorno a noi, non abbiamo alcun mezzo di farvi rientrare e riceverne informazione; pertanto se sono davvero chiusi, noi siamo completamente ignari della loro esistenza. Possiamo scoprire qualcosa di un sistema chiuso solo se ne facciamo parte.”
Francesco Trombetta, prefazione di Ada Becchi, Il glossario dell’auto-organizzazione. Economia, società e territorio, Donzelli Editore, Roma, 2004, pagg. 92 – 93.
[17] Francesco Trombetta, prefazione di Ada Becchi, Il glossario dell’auto-organizzazione. Economia, società e territorio, Donzelli Editore, Roma, 2004, pag. 93.
[18] Fernando Giancotti, Yakov Shaharabani, Leadership agile nella complessità. Organizzazioni, Stormi da combattimento, Guerini Associati, Milano, 2008, pag. 55.
[19] SISTEMA APERTO
“Un sistema aperto è definito come un sistema che scambia della materia con l’ambiente circostante, esibendo capacità di importare ed esportare materiali e di operare nel senso di produrre e distruggere strutture con i propri componenti materiali.”
Francesco Trombetta, prefazione di Ada Becchi, Il glossario dell’auto-organizzazione. Economia, società e territorio, Donzelli Editore, Roma, 2004, pp. 92.
[20] Stefano Castelli, Gestire la complessità. Modelli di simulazione e decisioni manageriali, Pearson Italia, Milano Torino, 2013.
[21] Leo Ferrante, Innovazione e creatività: quale modello organizzativo e stile di leadership adottare? Proposta di applicazione all’interno del sistema di informazione per la sicurezza della repubblica, Casa Editrice Il Filo di Arianna, La Spezia, 2020, pagg. 15 – 58.
Ottimo lavoro.
Giovanni Villani
(quello del riferimento 1, 12 e 13)
Buon pomeriggio Giovanni,
grazie per il messaggio.
Il suo commento mi lusinga ed è da sprone a proseguire sul percorso intrapreso.
Sarebbe bello ricevere qualche suo autorevole commento in modo che tutti i lettori ne possano beneficiare!
Un caro saluto,
Leo