Oggi discuteremo insieme di contaminazione, intesa come connessioni tra discipline, sapere e culture. Non mancherò di reinterpretare le idee di fondo che sottendono il libro di Giulio Xhaët. Porteremo a casa, infine, alcune considerazioni utili a favorire la propria capacità di contaminazione.

È un libro rivolto ai curiosi, a chi apprezza le diversità, a chi ricerca connessioni inaspettate. In poche parole: a chi ama la contaminazione! L’autore afferma che chi sviluppa un ‘forte quoziente di contaminazione’ coglierà nuove opportunità e genererà un valore aggiunto consistente alle proprie azioni.

La contaminazione in questo articolo è mescolanza, fusione di elementi tratti da fonti e campi differenti, di diversa provenienza.

Nel Rinascimento non esisteva una connessione tra tutti i saperi, non c’era un’intelligenza collettiva a cui gli scienziati e gli artisti potevano attingere. Leonardo Da Vinci può essere considerato il contaminato per eccellenza in quanto riusciva a padroneggiare tutte le discipline sino ad allora conosciute mescolando sapientemente i saperi come nessun altro a quel tempo. Il più celebre e famoso Polymath – colui che sa unire tutte le numerose discipline nelle quali eccelle per produrre innovazioni in uno o più campi – di tutti i tempi! È stato calcolato che per avere un Leonardo nell’attuale società avremmo bisogno di 13 differenti specialisti. Oggi possiamo accedere in tempo reale a idee che giungono da ogni luogo e che, a loro volta, alimentano un flusso istantaneo e continuo di nuove declinazioni dell’idea originale.

Oggi le interconnessioni delle competenze e dei saperi hanno subito una forte accelerazione grazie alle nuove tecnologie.

«Più vi contaminerete, meno dovrete partire da zero. Più vi contaminerete, meno sarete sostituibili da un algoritmo di nuova generazione. Più vi contaminerete, più propagherete le opportunità della vostra vita e delle persone connesse a voi. Questo è ciò che ho vissuto e imparato negli ultimi anni. Ed è per questo che la mia citazione preferita recita: “Dopo gli studi?! Cosa vuol dire, chi li ha terminati? Io sono e rimarrò sempre un avido studente di vita”.»[1] Giulio Xhaët

La scuola migliore del mondo pare si trovi in Finlandia. Lì hanno capovolto il concetto di materia preferendo percorsi fortemente interdisciplinari a quelli che procedono per compartimenti stagni. In queste scuole gli studenti devono cimentarsi in progetti di gruppo per capire l’importanza dell’approccio collaborativo. La scuola è interessata alle passioni degli studenti per fungere da cassa di risonanza e per farli incontrare con chi ha le medesime passioni portando avanti progetti di ricerca comuni. Tanti lavori con gruppi e sottogruppi. I ragazzi sono così dei cacciatori di connessioni e a scuola si insegnano ponti tra le materie.

Negli ultimi anni alcune università stanno finalmente proponendo dei corsi di laurea interdisciplinari che muovono proprio verso la contaminazione, la cui missione dichiarata è quella di abbattere le barriere erette tra le differenti discipline e focalizzasi sulla risoluzione di problemi complessi.

«Uno dei motivi per cui Wikipedia funziona è che un talento ampio e interdisciplinare non si estingue. Un aspetto che notiamo tra i contributori è che stanno facendo un lavoro straordinario al di fuori dei loro regni professionali; l’archetipo del professore di matematica barbuto sta in realtà scrivendo sulla poesia elisabettiana o sulla storia della Seconda guerra mondiale. Nonostante il mondo accademico faccia salire un’elevata pressione da specializzazione, abbiamo ancora intellettuali a tutto tondo: uno dei motivi per cui Wikipedia è fiorita è che fornisce uno sbocco e uno sfogo a queste persone.» Jimmy Wales, fondatore di Wikipedia

L’autore individua 3 competenze chiave per contaminarsi:

  • Impariamo a creare ponti e collegamenti (link learning).

Prestiamo la massima attenzione all’attuale velocità delle idee. Prima, i mezzi di comunicazione di massa e, poi, la digitalizzazione hanno permesso alle persone di essere in potenziale contatto con tutte le altre.

Diversi studi hanno mostrato che gli innovatori hanno in comune la capacità di muoversi dentro le intersezioni dei saperi e delle discipline. La morale che c’è dietro è semplice: chi arriva in un nuovo ambiente ha molte più probabilità di destabilizzarlo perché sa mettere in discussione tutti gli assunti posti alla base del suo funzionamento. Ciò consente di sviluppare sia un’acuta capacità d’immaginazione sia una migliore comprensione dell’inferenza casuale tipica dei sistemi complessi.

Nel mondo accademico di oggi non si è soliti mettere in discussione teorie, paradigmi consolidati nel tempo. Il modo di ragionare che ne scaturisce è pertanto tendenzialmente univoco.

«Gli innovatori analizzati nel manuale mostrano come i maggiori progressi spesso non provengono dagli specialisti di un settore ma da chi si è formato in altri ambiti o addirittura non ha ricevuto praticamente alcun tipo di istruzione […]. Di frequente gli outsider affrontano tali problemi da una prospettiva diversa da quelle di chi ha ricevuto una formazione specifica, sfidando o ignorando gli assunti che gli specialisti danno per scontati.[2]» Giulio Xhaët

  • Risolviamo problemi complessi (complex problem solving) osservando le situazioni da diverse prospettive. Prima di procedere occorre che ci intendiamo su cosa siano la complessità e i sistemi complessi.

«[…] La complessità è come avere in mano un pregevole tappeto antico. Per comprenderlo appieno, si è tentati di seguire strade note, in altre parole affrontare la questione facendo ricorso all’approccio analitico. In questo caso si dovrebbero sciogliere i nodi riducendo il tappeto a un insieme ordinato di fili. Peccato però che così facendo perdiamo l’oggetto del nostro interesse. I problemi complessi hanno la sgradevole proprietà di scomparire quando portati a livelli di analisi più semplici. Sembrano possedere una natura bizzarra, non sono né obbedienti né tranquilli. In due parole: sono imprevedibili. Occorre a questo punto intendersi su cosa è la complessità. Sistemi complessi sono il clima terrestre, un batterio, la cultura di un popolo, il ‘Sistema di Informazione per la Sicurezza della Repubblica’, i mercati azionari, la Comunità Internazionale, i formicai e, perché no, persino un gruppo di amici. In quest’ultimo caso, ad esempio, nonostante ci si conosca bene a vicenda, non si sarà in grado di prevedere esattamente quali conversazioni emergeranno nel corso di una cena, poiché le variabili e le interazioni sono innumerevoli già dai piccoli gruppi. Non va trascurato infine che anche l’uomo, porta con sé il sistema più complesso e meraviglioso che si conosca: il cervello umano. Nonostante tali sistemi siano così diffusi, non se ne ha un’approfondita conoscenza. Chiunque abbia maturato esperienze di responsabilità all’interno di organizzazioni complesse, ha provato sulla sua pelle quanto sia sfidante e imprevedibile gestirle. La complessità va gestita con competenza, consapevolezza e attenzione, sebbene sovente presenti i tratti di una missione eroica. […].» [3]

I contaminati agiscono da facilitatori delle connessioni interne ad un gruppo di lavoro perché hanno accesso a una varietà di mondi e perché fanno incontrare molte competenze. I problemi complessi ammettono diverse possibili soluzioni per cui non esiste la decisione migliore in assoluto.  Neanche l’intelligenza artificiale può risolverli. Quando ci fossilizziamo sull’uso di una sola disciplina, corriamo il concreto rischio di filtrare e osservare il problema sempre con la stessa lente, omettendo di comprendere le tante sfaccettature che lo caratterizzano. I problemi complessi si risolvono rendendo permeabile il proprio modello mentale al di fuori dei soliti schemi utilizzati. Questi non si affrontano con la sola logica lineare. Ad essa occorre affiancare anche il pensiero laterale, ampiamente discusso nel precedente articolo: ‘pensiero laterale e pensiero verticale: due modi tra loro complementari’. Nei problemi complessi fatichiamo a prevedere sconvolgimenti improvvisi quando si verificano all’interno di sistemi stabili. In tali sistemi i principi di retroazione negativi fungono da acceleratore esponenziale di quelle variabili che destabilizzano il sistema. Può apparire paradossale ma, in questo caso, i super tecnici specializzati non riescono ad intercettare fatti emergenti e i cosiddetti segnali deboli che stanno per sconvolgere l’intero settore di appartenenza. Spesso sono propri i più contaminati e i meno specialisti di settore a notare questi segnali che vanno via via rafforzandosi con una logica esponenziale.

  • Colleghiamo persone diverse e distanti tra loro (network inclusion). Con ciò intendiamo la capacità di creare una rete di contatti utile per la propria vita. Non dobbiamo dilungarci su questo tema perché già Aristotele più di duemila anni fa, nella sua ‘Politica’, ci ricordava che l’uomo è ‘un animale sociale‘ per via della sua naturale tendenza ad aggregarsi con altri individui. Noi esseri umani proviamo l’innato desiderio di collaborare e aiutarsi l’un l’altro; questo istinto diventa più forte con la pratica, man mano che si acquisisce fiducia nella capacità di accrescere la propria rete di contatti. Dobbiamo pertanto combattere la naturale tendenza a guardare solo all’interno della nostra organizzazione, della nostra cerchia di amici altrimenti correremmo il rischio di occuparci di una serie univoca di idee. I leader che costruiscono legami all’esterno del proprio ambito lavorativo sono più aggiornati e creativi di quelli che non lo fanno; hanno inoltre maggiore possibilità di cogliere occasioni che altri perdono[4]. Le numerose piattaforme di socialità (i cosiddetti social media) dimostrano che questa voglia di socializzare, di essere collegati in pochissimo tempo a chi condivide con noi passioni, amicizia e quant’altro è profondamente sentito e continuamente ricercato.

«Siate alieni. Gli stranieri in terre straniere si portano a casa un cervello nuovo.” Beau Lotto

 

E QUINDI? COME FAVORIRE LA CONTAMINAZIONE?

  • Preferiamo la lente di rimpicciolimento a quella d’ingrandimento e lasciamoci guidare da un approccio olistico e omnicomprensivo! Tale approccio è particolarmente utile quando studiamo e affrontiamo nuove sfide oppure se dobbiamo occuparci della risoluzione di problemi complessi. In questi casi, il professionista interdisciplinare o i gruppi di lavoro interdisciplinari vanno preferiti agli iper-specializzati, ai cosiddetti tecnici di settore. Mi piace evocare la ‘Parabola buddista dei sei ciechi e dell’elefante’ per illustrare in maniera più efficace in cosa si concretizza l’approccio olistico.Cosa accade quando sei ciechi vengono messi al cospetto di un elefante? Ognuno di loro inizierà a toccare una parte del grande mammifero proboscidato. Il primo, imbattendosi nel suo orecchio grande e piatto, immagina sia un ventaglio. Il secondo invece è sicuro che si tratti di un albero, dopo aver toccato una sua gamba. Il terzo li smentisce seccamente entrambi dicendo che si tratta di una fune robusta, essendosi imbattuto nella coda. Il quarto tocca la punta aguzza della zanna ed è sicuro si tratti di una lancia! Il quinto, sicuro di sé, afferma che è una semplice muraglia molto alta. Il sesto, invece, afferra la proboscide catalogandolo come un serpente. I sei ciechi riescono a cogliere diversi particolari dell’animale ma non riescono a capire che si trovano dinanzi un elefante. La morale della favola è che ognuno di noi ha la tendenza di vedere i problemi secondo le proprie lenti. Che tendiamo a non ascoltare gli altri perché troppo concentrati sui dettagli a noi più familiari, perdendo di vista il problema nella sua interezza. L’approccio olistico, che utilizza la lente di rimpicciolimento, ci consente di osservare gli oggetti e i problemi nel loro insieme e di contestualizzarli permettendoci, nel caso di specie, di riconoscere che si tratta di un Elefante. I sistemi complessi possono essere studiati e compresi appieno solo ricorrendo a un approccio di questo tipo. In aggiunta, per favorirne la comprensione, è necessario superare la classica logica lineare nell’interpretare i fenomeni e abbracciare una concezione circolare della causalità. In altre parole, circolare significa che, pur variando in modo regolare l’input in un sistema, l’output può anche comportarsi in modo non lineare e non proporzionale alla variazione dell’input stesso. Un tempo l’essere interdisciplinari era la norma, oggi sembra essere un’eccezione perché ci hanno convinto, a scuola e al lavoro, che bisogna specializzarsi in qualche ambito per eccellere. Questi lavori definibili con precisione saranno a breve sostituiti dalle macchine dotate di intelligenza artificiale. Alle persone non resterà che occuparsi di quei lavori più complessi e mal definiti. Dovremo saper rispondere a quelle domande algoritmicamente inconcepibili alle quali l’intelligenza artificiale non saprebbe dare risposta. Anzi, non riuscirebbe neanche formularle! Andiamo ad occupare quegli spazi di competenze nei quali gli algoritmi non sanno muoversi: laddove proprio si creano ponti e connessioni tra discipline, saperi e culture. L’intelligenza artificiale non sa immaginare l’inesistente, non sa fare ragionamenti consapevoli e non riesce a riconoscere le associazioni tra settori, campi e discipline diverse. Riassumendo, cosa non sanno fare gli algoritmi oggi? UNO: prevedere scenari e fare previsioni di medio-lungo periodo. La storia è quasi sempre un viaggio unico, che non si ripete mentre, noi, ci illudiamo di riuscire a prevedere il futuro attraverso l’interpretazione dei dati del passato. DUE: non sanno sviluppare livelli di ragionamento superiori. TRE: non sono dotati di capacità d’immaginazione e pensiero laterale.

«La rivoluzione dell’intelligenza artificiale non sarà un singolo evento spartiacque a seguito del quale il mercato del lavoro si assesterà su un nuovo equilibrio. Sarà invece una cascata di eventi sempre più traumatici. Già oggi pochi dipendenti si aspettano di fare lo stesso lavoro tutta la vita. Entro il 2050, non soltanto l’idea di ‘un posto per la vita’, ma addirittura l’idea di ‘una professione per la vita’ potrebbe apparire antidiluviana.»[5] storico – Yuval Noah Harari

  • Diffidiamo da tutti quelli che propongono ricette assolute e valide ogni tempo. Gli assolutismi sono pericolosi perché, ad ogni cambio di contesto, le regole che si portano dietro si sciolgono come neve al sole. I protagonisti del futuro saranno bravi a contaminare le incertezze di oggi con le certezze del passato.
  • Ispiriamoci al modello “T-shaped di David Guest” secondo il quale, la parte verticale della ‘T’, rappresenta la conoscenza approfondita in una specifica area, mentre la parte orizzontale della stessa, sottolinea la conoscenza di diverse discipline. Il professionista a forma di T è colui che conosce approfonditamente una determinata area ma che ha conoscenze anche di altre discipline riuscendo a fonderle in un unico pensiero e modo di procedere.
  • Abituiamoci a sperimentare la diversità attingendo idee da mondi che ci stanno accanto potenziando, così, la mentalità eclettica. Sforziamoci di guardare in nuove direzioni, in nuove discipline, apriamoci verso nuovi modi di fare le cose.
  • Creiamo e favoriamo la contaminazione nelle nostre organizzazioni sforzandoci di collegare diverse discipline e argomenti. Abituiamoci a guardare le situazioni da diverse prospettive. Favoriamo l’incontro tra persone in gamba che provengono da diversi ambiti sforzandoci di farli andare d’accordo.
  • Appena se ne verifica la possibilità seguiamo corsi, leggiamo libri su argomenti nuovi e lontani dai nostri temi più cari. Ci servirà a stimolare la contaminazione culturale verso altre discipline.
  • Sentiamoci sempre nuovi principianti. Non rimaniamo una vita all’interno della nostra zona di comfort. Sono d’aiuto in questo i viaggi all’estero, quando sono di lunga durata e particolarmente intensi, proprio perché si è costretti ad assorbire nuove abitudini. Basti pensare alla lingua, al cibo, a una diversa quotidianità. È qui che la situazione ci chiede di arrangiarci trascorrendo tempo e generando esperienze significative con persone diverse da noi. Ciò accade quando ci sforziamo di vivere il luogo come le persone che lo abitano.
  • Discorso analogo vale per chi ha la possibilità di andare a studiare fuori dal Paese d’origine. Studi scientifici mostrano che chi ha frequentato scuole all’estero è più estroverso, ha maggiore livelli di coscienziosità, possiede una maggiore apertura mentale, hanno una varietà di pensieri più ampia e godono di una maggiore stabilità emotiva.
  • Non spaventiamoci di cambiare lavoro tantomeno del cambiamento in termini generali.

Vi lascio con un banale ma significativo esempio di contaminazione. Da un anno ormai vivo in Olanda e scopro ogni giorno tanti nuovi modi di vivere e di fare le cose, anche semplici e piuttosto banali, come quello che vi sto per raccontare. Girando nei supermercati mi sono imbattuto in questa forma inusuale di fette biscottate. Intendo inusuale per noi italiani. È o non è geniale la forma scelta? Grazie ad essa non rompo più le fette biscottate quando tendo di estrarle integre dalla loro confezione. Questo è un esempio di come le idee che abbiamo di un determinato prodotto possano essere contaminate da soluzioni adottate altrove. È una piccola dimostrazione di come il vivere in un paese diverso dal nostro consente di accrescere il nostro quoziente di contaminazione culturale.

Mi farebbe piacere se condivideste nei commenti i vostri esempi vissuti di contaminazione. Questi, a loro volta, favorirebbero la contaminazione fra i lettori di questo blog. Se ci cimentassimo in questa iniziativa, ne usciremmo tutti più contaminati! Sono certo che ognuno di voi avrà almeno un esempio da contaminati da condividere!

Se vogliamo comprendere il nuovo mondo, dobbiamo sviluppare e accrescere la nostra capacità di contaminazione abbracciando un futuro così incerto e, proprio per questo, così vicino all’immaginazione.

Teniamo a mente che, la maggior parte delle volte, LA STORIA È UN VIAGGIO UNICO, NON UN MODELLO CHE SI RIPETE!

 

 

 

[1] Giulio Xhaet, Contaminati. Connessioni tra discipline, saperi e culture, Hoepli, Milano, 2020, pag. 176.

[2] Giulio Xhaet, Contaminati. Connessioni tra discipline, saperi e culture, Hoepli, Milano, 2020, pag. 177.

[3] Leo Ferrante, Innovazione e creatività: quale modello organizzativo e stile di leadership adottare? Proposta di applicazione all’interno del sistema di informazione per la sicurezza della repubblica, Casa Editrice Il Filo di Arianna, La Spezia, 2020, pagg. 16-17.

[4] Leo Ferrante, Leader si diventa. 11 metodi per guidare gli altri nel lavoro e nella vita, Kindle Direct Publishing, Roma, 2018, pagg. 61-78.

[5] Harari Y.N., 21 lezioni per il XXI secolo, Bompiani, Milano, 2018.

 

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